Contrattazione

Persi 660mila contratti nel 2020, in gran parte a tempo determinato

di Claudio Tucci

L’effetto dell’emergenza sanitaria sul mercato del lavoro è racchiuso nei numeri diffusi ieri dall’Inps: a dicembre 2020 il saldo annualizzato, vale a dire la differenza tra assunzioni e cessazioni negli ultimi 12 mesi, è negativo di quasi 660mila unità, 659.808 rapporti di lavoro in meno per l’esattezza, la gran fetta dei quali, -492.481, sono contratti a termine, scaduti e non rinnovati (-148.933 sono i rapporti in somministrazione in meno nel 2020, mentre 259.160 sono i contratti a tempo indeterminato in più, salvaguardati soprattutto dal blocco dei licenziamenti). Lo stop agli atti di recesso datoriale, che nel decreto Sostegni si proroga nuovamente (si veda altro pezzo in pagina), ha prodotto i suoi effetti: i licenziamenti di tipo economico si sono praticamente dimezzati, passando da 500mila nel 2019 a meno di 250mila nel 2020 (quindi, il blocco dei licenziamenti economici, che ha avuto diverse deroghe, ha salvaguardato finora 250mila posti). Sono invece lievemente aumentati i licenziamenti disciplinari (da 80mila a 85mila).

Le imprese hanno risposto alla crisi con un utilizzo massiccio della cassa integrazione con causale Covid-19. Tra il 1° aprile 2020 e il 28 febbraio 2021 sono stati autorizzati quasi 4,4 miliardi di ore di cassa e il fenomeno non si è ridotto nei primi mesi del 2021 con oltre 390 milioni di ore di cassa autorizzate (173,3 milioni a febbraio, il 97% con causale Covid-19), anche se si intravede una prima decrescita (il tiraggio, vale a dire l’effettivo utilizzo dell’ammortizzatore, è inferiore al 50%).

La traduzione “concreta” di questi numeri l’ha fatta la presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, Marina Calderone: «Il ruolo dei consulenti, nel 2020, è stato fondamentale; siamo stati indispensabili perché abbiamo protetto quasi 7 milioni di lavoratori che hanno potuto usufruire delle misure emergenziali». Calderone, parlando all’evento organizzato dai consulenti del lavoro in ricordo del giuslavorista Marco Biagi «A 20 anni dal libro Bianco del Lavoro», ha poi guardato avanti, e spiegato come, per ripartire, sia necessario investire sulle politiche attive del lavoro: «È fondamentale - ha detto - per poter pensare ad una ripresa organica dell’occupazione e, di conseguenza, dell’economia».

Il tema ammortizzatori (e collegato, politiche attive) è stato affrontato, ieri, dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che ha incontrato nuovamente le parti sociali in vista della riforma complessiva dei sussidi, attesa per l’autunno. È stata una riunione interlocutoria; il ministro ha annunciato un primo documento di lavoro nei prossimi giorni, con alcune iniziali riflessioni sul perimetro dei nuovi strumenti di sostegno al reddito (è in discussione come declinarli in chiave universale e come estenderli anche al mondo del lavoro autonomo).

Le posizioni espresse da imprese, mondo professionale, e sindacati sono però diverse, e la sintesi non si annuncia agevole. Per Tania Scacchetti (Cgil) «i lavoratori, nonostante le differenze tra settori e le dimensioni delle imprese, debbano ambire a misure omogenee: dal trattamento economico, ai criteri di accesso fino alla durata». La Cna è invece contraria «all’ipotesi di un ammortizzatore sociale unico, a gestione centralizzata e con disciplina e aliquote uniformi per tutti i settori»; e anche Confcommercio frena: «Occorre tenere insieme inclusività delle prestazioni e sostenibilità della contribuzione, valorizzando sperimentati strumenti settoriali», ha chiosato, dicendo quindi No a «contribuzioni aggiuntive» in questa fase di emergenza ancora forte.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©