Contrattazione

Nel primo quadrimestre creati 131mila posti di lavoro

di Giorgio Pogliotti

Nel primo quadrimestre si è ridotto l’impatto della pandemia rispetto al 2020: tra gennaio e aprile il saldo tra attivazioni e cessazioni è positivo per 131mila posizioni di lavoro, a fronte delle oltre 230mila perse nello stesso periodo dell’anno precedente. Ma siamo ancora lontani dai ritmi di crescita della fase pre pandemia, e dal saldo netto positivo per 255mila posizioni del primo quadrimestre 2019.

I dati delle comunicazioni obbligatorie, diffusi da ministero del Lavoro e Banca d’Italia, evidenziano come nei mesi invernali la nuova ondata di contagi abbia rallentato la ripresa del mercato del lavoro, che però «a fine aprile ha manifestato alcuni segnali di miglioramento». La stima è che senza la pandemia, a fine aprile vi sarebbero stati circa 500mila posti di lavoro in più rispetto a quelli rilevati. Il divario è ridotto per le posizioni a tempo indeterminato (circa 100mila unità in meno), anche per effetto del blocco dei licenziamenti, mentre è stato assai più forte per gli impieghi temporanei, che più risentono dell’accelerazione del contagio (la differenza è passata da -200mila a fine febbraio a -280mila a fine aprile). Circa l’80% dei posti di lavoro è creato nella manifattura e nelle costruzioni, dove nei primi quattro mesi dell’anno sono state create circa 105mila posizioni di lavoro, ai livelli di due anni fa. Nei servizi privati, invece, la creazione di posti di lavoro è su valori quasi nulli e la debolezza delle attività connesse con il turismo sta penalizzando l’occupazione femminile.

Per effetto del blocco, i licenziamenti sono più che dimezzati rispetto al periodo pre pandemia, i rapporti che si sarebbero interrotti ma il blocco ha preservato sono 240mila nel 2020 e 120mila nel primo quadrimestre del 2021. Per quantificare il numero di licenziamenti che si sarebbero verificati anche senza la pandemia e che verosimilmente si manifesteranno progressivamente alla rimozione del blocco, vanno considerati anche quelli riconducibili alla riduzione dell’attività economica dovuta alla crisi (circa 200mila). Dal 2014 al 2019 i licenziamenti complessivi ogni mese erano quasi 5 ogni 1.000 posizioni effettive a tempo indeterminato, equivalenti nei mesi pre pandemia a circa 45mila cessazioni, al netto di fattori stagionali. Dall’entrata in vigore del blocco (marzo 2020) si è scesi a circa 20mila licenziamenti, 2 ogni 1.000 lavoratori a tempo indeterminato (ma nel turismo il tasso di licenziamento si è attestato su 3 su 1.000).

Sempre nel primo quadrimestre, secondo i dati dell’Inps sono 1,6 milioni i nuclei familiari che hanno percepito almeno una mensilità di reddito o pensione di cittadinanza, pari a 3,5 milioni di beneficiari, per una media di 549 euro. Ad aprile i nuclei percettori di Rdc sono stati 1,1 milioni, 109mila i percettori di Pdc, pari a 2,8 milioni di persone coinvolte (il 14% in più di nuclei su aprile 2020, allo stesso livello di marzo 2021).

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