Contrattazione

Sì ai distacchi Ue se l’agenzia lavora nel Paese d’origine

Chi somministra lavoratori all’estero deve avere un’attività effettiva in patria. Il fatturato non può derivare soprattutto da Paesi diversi da quello di stabilimento

di Stefano Rossi

Il distacco transnazionale è genuino se l’agenzia per il lavoro estera fattura anche nel Paese di origine. È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Giustizia nella causa C-784/2019, depositata il 3 giugno scorso e ripresa dalla nota dell’Ispettorato nazionale del lavoro 936 del 15 giugno 2021.

Nello specifico, il contenzioso riguardava un’agenzia per il lavoro stabilita in Bulgaria e l’agenzia delle Entrate dello stesso Paese, istituzione competente al rilascio di certificati A1 (il certificato di distacco del lavoratore in paesi Ue). Quest’ultima aveva rifiutato il rilascio dei certificati per lavoratori assunti in Bulgaria e immediatamente distaccati presso un’impresa utilizzatrice stabilita in Germania, sulla scorta del fatto che l’impresa fornitrice non esercitasse nessuna attività di somministrazione in Bulgaria e tutto il suo fatturato dipendesse dall’effettuazione del servizio di somministrazione in altri Paesi Ue. In sostanza, si tratta di capire come intendere l’espressione «attività abituale» esercitata dall’impresa comunitaria nel suo Paese di origine.

La Corte ritiene che la società debba svolgere «in maniera significativa» l’attività di messa a disposizione dei lavoratori nello Stato membro in cui è stabilita. Il Dlgs 136/2016 stabilisce infatti che per aversi un distacco genuino si deve far riferimento al «luogo in cui l’impresa esercita la propria attività economica principale» e all’«ammontare del fatturato realizzato dall’impresa nello Stato membro di stabilimento», per escludere che l’attività svolta nel Paese di origine dall’impresa distaccante consista nella mera amministrazione o gestione interna del personale.

L’Ispettorato del Lavoro ha dunque aggiornato le proprie linee guida del 2019 invitando il personale ispettivo a verificare sia il fatturato interno, sia quello esterno dell’impresa distaccataria. Ne consegue – conclude la nota 936 del 15 giugno 2021 – che anche in presenza di un’attività di selezione e reclutamento del personale effettuata nel Paese di stabilimento, l’assoluta prevalenza della messa a disposizione del personale presso Stati membri diversi comporta la contestazione della genuinità del distacco e del certificato A1 eventualmente rilasciato dallo Stato membro di stabilimento.

Le tutele per i lavoratori

Il Dlgs 122/2020 è intervenuto per arginare il crescente fenomeno del dumping sociale in ambito europeo attraverso una serie di rilevanti modifiche alle quali le imprese dovranno porre particolare attenzione. Le aziende comunitarie che forniscono una prestazione di servizi in Italia – ma anche il contrario, le nostre aziende che forniscono servizi in Europa – dovranno in primo luogo, comunicare il distacco del personale impiegato tramite un apposito modello telematico, le cui regole sono state aggiornate dal decreto del ministero del Lavoro 170 del 6 agosto 2021.

È previsto, per la durata del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, un obbligo di conservare, predisponendone copia cartacea o elettronica in lingua italiana, il contratto di lavoro, i prospetti paga, i prospetti indicanti l’inizio, la fine e la durata dell’orario di lavoro giornaliero, la documentazione che prova il pagamento delle retribuzioni o altro atto equivalente, e il certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile (modello A1).

Responsabilità solidale

L’obbligo di conservazione ha rilevanza anche nei confronti dell’impresa italiana ospitante, poiché in caso di mancato pagamento delle retribuzioni scatta la responsabilità solidale e il provvedimento di diffida accertativa.

L’impresa estera dovrà designare un referente, elettivamente domiciliato in Italia, incaricato di esibire, inviare e ricevere documenti in nome e per conto dell’impresa distaccante. È prevista anche la nomina di una persona che agisca in qualità di rappresentante legale, per mettere in contatto le parti sociali interessate con il prestatore di servizi per una eventuale negoziazione collettiva.

I CASI

Prevale il fatturato interno

Una società spagnola di servizi informatici distacca un proprio dipendente in un’azienda italiana del gruppo. La durata del distacco è di 24 mesi, il contratto di lavoro individuale prevede la chiara indicazione del datore di lavoro spagnolo, con l’indicazione dell’attività da svolgere in Italia. Il dipendente spagnolo è assicurato presso l'istituto di previdenza spagnolo da oltre dieci anni. L'esercizio abituale dell’attività è in Spagna: il fatturato raggiunto con le società italiane non supera il 25% del fatturato totale ottenuto nel paese di invio.

L’appalto fraudolento

Una struttura alberghiera stipula un contratto di appalto di servizi per l’intrattenimento degli ospiti con una società italiana. Quest'ultima, a sua volta, subappalta il servizio a una società con sede legale in Svizzera. Dagli accertamenti ispettivi emerge che i dipendenti non sono mai stati in territorio elvetico e non sono mai stati iscritti in precedenza alla gestione previdenziale svizzera. Inoltre, i lavoratori ricevono le direttive dal capo villaggio, dipendente della struttura turistica. Ai lavoratori è corrisposto un compenso inferiore ai minimi previsti dal Ccnl turismo. È una operazione contestabile: i lavoratori potranno chiedere giudizialmente un rapporto di lavoro con il committente. L’azienda svizzera, la ditta appaltatrice e la struttura alberghiera incorreranno nelle sanzioni.

Gli autotrasportatori stranieri

Un’impresa italiana fa autotrasporto di merci per conto terzi, usando mezzi propri ma guidati da conducenti assunti da un’azienda olandese. La società italiana stipula anche contratti di locazione dei propri veicoli con la ditta olandese concedendo a questa l’uso dei mezzi per autotrasporto nazionale e internazionale, dietro corrispettivo. La guida dei veicoli in locazione è effettuata da dipendenti della società olandese. L’impegno assunto dall’impresa olandese di usare i veicoli locati solo per i contratti di trasporto conclusi dall’impresa italiana lascia emergere che il sostanziale ruolo di vettore è esercitato dalla ditta italiana. La non genuinità del distacco conduce a ritenere un’ipotesi di somministrazione di personale dell’impresa olandese a favore di quella italiana.

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