Previdenza

L'uscita di scena della Cig in deroga fa salire i contributi

di Alessandro Rota Porta

Mentre il disegno di legge delega di riforma del mercato del lavoro prospetta una nuova revisione degli ammortizzatori sociali, si traduce in pratica, proprio in queste settimane, uno dei capitoli principali della precedente riforma, firmata dall'ex ministro Elsa «Fornero». Le aziende dei settori non coperti dalla cassa integrazione e in cui non sono stati costituiti fondi di solidarietà per sostenere il reddito dei lavoratori nei casi di riduzione o sospensione dell'attività, devono versare più contributi, dal 17 novembre, per finanziare il Fondo di solidarietà residuale creato presso l'Inps. Il costo del lavoro aumenta così, per le imprese che hanno più di 15 dipendenti e che ricadono nelle categorie citate, dello 0,50% (sulle retribuzioni mensili): 0,33% a carico dei datori di lavoro e 0,17% a carico dei lavoratori (esclusi i dirigenti). I contributi arretrati dovuti per il periodo da gennaio a settembre 2014, dovranno essere versati, invece, entro il 16 dicembre.

Questo sistema servirà a rimpiazzare la cassa integrazione in deroga, che – sebbene sia stata recentemente rifinanziata – è destinata a uscire di scena. Proprio la legge 92/2012, all'articolo 3, infatti, ha previsto che il sussidio possa essere concesso fino a tutto il 2016 ma non oltre. Il decreto ministeriale che disciplina i nuovi criteri di utilizzo della Cig in deroga ha introdotto una stretta sulla fruizione, sia attraverso un restringimento della platea di destinatari (datori di lavoro e lavoratori) sia rispetto ai periodi che si possono autorizzare.
Il compito di sostituire la Cig in deroga spetta, appunto, ai fondi di solidarietà bilaterale, istituti dalla legge Fornero: questi dovrebbero operare nei confronti delle aziende con più di 15 dipendenti, in sostituzione degli ammortizzatori in deroga, nei settori non coperti dalla normativa sull'integrazione salariale.

La finalità è quella di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro, nei casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa: le causali di intervento sono le stesse previste dalla normativa sulla cassa integrazione ordinaria o straordinaria.
I sussidi consistono in un assegno di importo almeno pari all'integrazione salariale, con durata massima non inferiore a 1/8 delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile (per massimo 12 mesi).

A più di due anni dall'entrata in vigore della legge 92/2012, il nuovo sistema avrebbe già dovuto essere a regime, ma i diversi rinvii legislativi, uniti all'inerzia dei comparti di settore, hanno portato allo stallo attuale.

In via sussidiaria, la riforma aveva previsto l'istituzione del Fondo di solidarietà residuale, che ha preso vita con il decreto ministeriale del 7 febbraio 2014: proprio allo scopo di assicurarne l'immediata operatività, è stata fissata l'aliquota di finanziamento ordinaria nella misura dello 0,50%, dovuta dai datori «imprenditori» con più di 15 dipendenti.

L'Inps ha dato le regole gestionali del Fondo, con la circolare 100 del 2 settembre 2014: per ora, dunque, sono note le procedure per versare i contributi, mentre mancano quelle per richiedere le prestazioni. L'istituto – che nel messaggio 6897/2014 ha precisato quali imprese devono contribuire al fondo - ha già specificato che la misura dell'assegno è pari all'integrazione salariale, con applicazione dei massimali previsti per la Cigo. Ciascun intervento non potrà superare i tre mesi, prorogabili a nove nell'arco di ciascun biennio mobile.

È previsto un contributo addizionale a carico dei datori di lavoro, legato all'utilizzo degli ammortizzatori – ma in ogni caso il fondo residuale non potrà erogare prestazioni se non avrà disponibilità finanziaria.

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