Previdenza

«Più flessibilità con il contributivo»

di Giorgio Pogliotti

Un contributo di solidarietà a carico degli assegni pensionistici più ricchi. Per finanziare i pensionamenti flessibili che, in base al principio del sistema contributivo, dovranno spalmare il montante accumulato in rapporto all’età e alla speranza di vita residua, penalizzando chi va in pensione prima.

Sono i due cardini della bozza di riforma di cinque punti che il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha illustrato ieri a grandi linee, presentando la relazione annuale alla Camera. La proposta prevede la creazione di una rete di protezione sociale contro la povertà sopra i 55 anni, sostenuta dalla fiscalità generale. «È il primo passo verso l’introduzione di quel reddito minimo garantito che manca nel nostro Paese», ha spiegato Boeri proponendo anche di unificare i regimi pensionistici diversi, compresa la gestione separata, senza oneri aggiuntivi. Un contributo di solidarietà è chiesto ai redditi pensionistici elevati per finanziare le uscite verso la pensione più flessibili. Per rendere la flessibilità «sostenibile», il presidente dell’Inps propone che a chi andrà in pensione prima, in applicazione delle regole del sistema contributivo, venga spalmato il montante contributivo accumulato durante la vita lavorativa in pagamenti mensili, in base all’età e alla speranza di vita residua. In sostanza prima si andrà in pensione e meno si prenderà. Ultimo punto: «Vogliamo offrire nuove opportunità di versare e farsi versare i contributi che diventeranno un supplemento alla pensione per chi sta già percependo un trattamento pensionistico - ha aggiunto Boeri -. I datori di lavoro possono versare contributi aggiuntivi per permettere ai dipendenti che si ritirano prima di incrementare la loro pensione». La relazione si occupa anche dello sgravio contributivo del Jobs act; col tasso attuale di assunzioni a tempo indeterminato - il 60% dei contratti godono dell’incentivo - si stima una perdita di gettito a regime di circa 5 miliardi, che salirebbe a 10 miliardi annui se lo sgravio verrà confermato nel 2016.

Quanto ai numeri, l’Inps ha archiviato il 2014 con un disavanzo finanziario di competenza di 7,8 miliardi, in miglioramento rispetto agli 8,7 miliardi del 2013. A pesare sono ancora gli squilibri di gestione ex Inpdap (dipendenti pubblici) mentre il debito di 21,4 miliardi cumulato come anticipazioni dello Stato tra il 1999 e il 2011 è stato appianato. La relazione sottolinea che gli attuali squilibri di bilancio riflettono la struttura dello stock delle pensioni vigenti, basate su un metodo di calcolo retributivo o misto che garantisce un bonus derivante dallo sbilanciamento tra contributi versati e pensioni ricevute. Il sistema contributivo puro non dispiegherà i suoi effetti prima del 2015. Il patrimonio netto è passato da 9 a 17,9 miliardi mentre l’avanzo di amministrazione da 43,8 è sceso a 36 miliardi.

L’Inps eroga ogni mese 21 milioni di prestazioni a 15,5 milioni di pensionati, con un reddito pensionistico medio di 1.323 euro lordi mensili. Il 72,5%% dei pensionati Inps percepisce una sola pensione pari in media a 1.240 euro (916 euro per le donne e 1.536 per gli uomini), il 27,5% cumula due o più pensioni per 1.541 euro medi (1.443 euro per le donne e 1.759 per gli uomini). Nella ripartizione dei redditi pensionistici oltre 6,6 milioni di pensionati ricevono meno di 707 euro lordi mensili, tra loro 1,9 milioni di pensionati è sotto i 300 euro. Solo 724.250 pensionati hanno oltre 3mila euro (4.335 euro l’assegno medio).

Tiepido sulla proposta Boeri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti; la giudica «un utile contributo», aggiungendo che sulle «pensioni bisogna agire e discutere con grande misura, per non alimentare paure e aspettative ingiustificate». Poletti ha convocato il 16 luglio i sindacati, che hanno criticato la proposta. Per Susanna Camusso (Cgil) «sulla flessibilità in uscita utilizzare il sistema contributivo vuol dire abbassare del 30-35% le pensioni più povere». Annamaria Furlan (Cisl) sollecita il Governo a «convocare le parti sociali e non delegare ad altri la responsabilità politica delle riforme». Per Carmelo Barbagallo (Uil), «il presidente dell’Inps si è proposto come ministro della povertà, piuttosto che presidente della previdenza». Critiche anche dai due autori della proposta del Pd sulla flessibilità pensionistica, il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta e il presidente della commissione lavoro della Camera Cesare Damiano, intervenuti ieri al Cnel ad un convegno di Koinè: «È un errore applicare il ricalcolo contributivo - ha detto Baretta - servono altre formule». Boeri in serata ha precisato di «non puntare all’estensione del metodo contributivo su tutti gli anni di lavoro anche per chi ha una parte del montante al momento calcolata con il retributivo», ma intende «collegare la penalizzazione al numero di anni per i quali si percepirà l’assegno».

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