Previdenza

Welfare aziendale, interesse in crescita dopo la legge di stabilità 2016

di N.T.

Grazie alla novità introdotte con la legge di stabilità 2016 è destinato a crescere il peso del welfare aziendale nel tessuto imprenditoriale italiano. A dirlo è una ricerca realizzata dall'Università Cattolica sulla base di 335 interviste a manager delle Risorse Umane e condotta da Luca Pesenti, docente di Organizzazioni Sociali e Welfare Plurale. L'indagine, intitolata “Il futuro del welfare aziendale dopo la legge di stabilità 2016”, è stata promossa da Welfare Company - società di QUI! Group specializzata in soluzioni di welfare – in collaborazione con Aidp, l'Associazione italiana per la direzione del personale.

Secondo la ricerca il 71,4% delle aziende campionate presenta attualmente al proprio interno uno o più servizi/benefit di welfare. Per quanto concerne i destinatari, quadri e impiegati sono le categorie che beneficiano maggiormente (oltre il 65% dei casi) di questi servizi, mentre gli operai sono all'ultimo posto (46,7%). L'indagine chiarisce anche quali siano le categorie di benefit più diffuse: escludendo mense/buoni basto e gli orari flessibili (storicamente più diffusi), le preferenze vanno all'assistenza sanitaria (42,5%) , alle convenzioni e agevolazioni al consumo (35,2%) , ai permessi di paternità (25%) , ai benefit per lo studio dei figli (23,2%) e allo smart working (22,9%).

Attualmente le imprese che fanno più welfare sono quelle del Nord ovest e di maggiori dimensioni, le quali tendono a gestire i piani di welfare in house. Più precisamente, l'81% di chi ha un piano attivo lo ha costruito attraverso accordi con singoli fornitori, il 18,1% ha invece utilizzato un provider di servizi, il 3% i servizi proposti da associazioni di categoria e il 5,5% ha creato una rete di imprese per la gestione del Piano. Conseguentemente la gestione del Piano prevede in maggioranza l'acquisto di servizi direttamente da fornitori (56,1%) o il rimborso spese (42,1).

Si tratta di numeri confortanti, destinati a crescere quando diventeranno ancora più chiari i vantaggi del welfare aziendale. “La ricerca – commenta Chiara Fogliani, consigliere delegato di Welfare Company - rivela che 7 aziende su 10 non introducono piani di welfare perché temono sia oneroso dal punto di vista economico/gestionale. Ma è un mito da sfatare: grazie agli sgravi fiscali, 1.000 euro che un'azienda eroga sotto forma di servizi di welfare invece che in prestazione in contanti comportano un risparmio di 350 euro per l'azienda e 180 euro in più in busta paga per il dipendente, che ottiene un beneficio netto”.
Per quanto concerne le novità introdotte dalla legge di stabilità, gli intervistati hanno espresso un forte apprezzamento per l'ampliamento delle tipologie di benefit detassabili, per l'eliminazione del limite di deducibilità entro il 5x1000 di costo del personale e per la libertà di scelta riconosciuta al dipendente tra premio di produttività e conversione in benefit, mentre meno interesse suscita il nuovo strumento del voucher e la rimozione del vincolo di volontarietà.

Resta il fatto che a fronte delle nuove opportunità previste dalla legge, le aziende si stanno muovendo: solo l'8,2% del campione, infatti, non prevede interventi nel futuro, mentre il 33,2% sta già lavorando per la creazione di un piano. Decisamente più “reattive” le aziende dove c'è già un Piano di welfare attivo: quasi 4 su 10 stanno già lavorando per ampliare l'offerta. La grande maggioranza delle imprese ipotizza di intervenire principalmente sui temi di conciliazione vita – lavoro. Più di tre imprese su dieci intendono invece intervenire sui temi del sostegno all'istruzione e sulla sanità integrativa.

Secondo Isabella Covili Faggioli, presidente nazionale Aidp, “la norma certo consente alle aziende di guardare con maggiore benevolenza all'adozione di piani di welfare aziendale, ma non va letta solo come occasione di saving. Il nuovo welfare aziendale rappresenta uno strumento portentoso di fidelizzazione e attenzione alle esigenze del lavoratore, tanto più in anni di crisi e di carenze del sistema sociale. Si rivela, infatti, un ottimo strumento per la creazione di quel patto fiduciario per cui il lavoratore darà quel valore aggiunto che serve all'azienda per stare sui mercati e per vincere le sfide internazionali. Creare un ambiente dove il benessere del lavoratore è tra gli obiettivi principali, conduce direttamente al successo dell'azienda”.

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