Previdenza

Il consigliere Stefano Patriarca: «nel breve termine debito implicito senza effetti sulla finanza pubblica»

di M.Piz.


La questione relativa al debito implicito, ossia all’insieme degli impegni futuri nei confronti delle prossime generazioni a valore attuale, sollevata dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, nel corso del convegno “Tuttopensioni” è stata oggetto di confronto fra Boeri stesso e il consigliere economico unità di coordinamento della politica economica della presidenza del Consiglio, Stefano Patriarca. Per quest’ultimo «il concetto di debito implicito può essere certamente utile per l'analisi dei profili della spesa previdenziale di lunghissimo periodo, ma è difficile che possa spiegare gli effetti sulla finanza pubblica nel breve medio periodo».

In buona sostanza, secondo il rappresentante del governo la valutazione del cosiddetto debito implicito pensionistico riguarda gli effetti della spesa previdenziale di lungo periodo, e la sua attualizzazione è fatta con parametri molto aleatori (a 60 anni) e discrezionali che modificano in modo sostanziale i risultati. «Inoltre - ha sottolineato Patriarca a fine convegno, approfondendo l’argomento - un intervento di riforma (come quello ipotizzato dal presidente Boeri) che determinasse un rilevante aumento immediato della spesa, non compensato da entrate, provocherebbe un immediato aumento di deficit e di indebitamento (a prescindere dagli effetti di risparmio futuri legati all'intervento stesso ) e si scaricherebbe nel breve periodo sui saldi di bilancio sia immediatamente che negli anni successivi tramite il costo per il maggiore indebitamento». Per Patriarca è questo, in qualche modo, quello che è successo negli ultimi 30 anni nella previdenza: interventi di aumenti immediati della spesa pensionistica , compensandone (teoricamente) il costo sulle spesa pensionistica futura. «Ma - ha detto - è esattamente il percorso mediante il quale siamo arrivati al 130% di debito sul pil».

Patriarca ha approfondito anche la ratio dell’intervento sulla flessibilità messo a punto dal governo con la manovra pensionistica contenuta nella legge di bilancio, che ha riguardato principalmente l'Ape, i lavoratori precoci e usuranti, e non invece ,nel caso dell'Ape sociale, una pensione ma un'indennità, come tale non conteggiabile nel debito pensionistico. «Il costo cumulato nel triennio dell'intervento del governo sulla flessibilità è di 3 miliardi - ha precisato il consigliere - e nei 10 anni di 14 miliardi, e riguarda sostanzialmente le aree di difficoltà sociale e personale (gravosi, usuranti, disoccupati, infermità….). L'intervento ipotizzato da Boeri avrebbe avuto invece un costo cumulato di ben 10 miliardi in 3 anni e quasi 50 nel decennio, e avrebbe riguardato esclusivamente l'anticipo di pensione per i redditi medio alti, (poteva ricorrervi solo chi avesse avuto una pensione superiore a 1.500 euro mensili) senza alcun riferimento alle diverse condizioni sociali e sul mercato del lavoro. La riduzione del debito implicito derivante dalla futura riduzione delle pensioni sarebbe iniziata , secondo le valutazioni dell'Inps, solo nel 2037 , ma fino a quella data avrebbe prodotto un rilevantissimo impatto negativo sulla finanza pubblica».
Il riferimento di Boeri all' incremento di debito pensionistico «iniquo» degli interventi del governo - ha voluto infine precisare Patriarca - è sostanzialmente riferito all’aumento della quattordicesima per le pensioni più basse, al di sotto di mille euro, che impegna (cumulati in 10 anni) meno di 8 miliardi di euro, ma si ricordi che quell'intervento è teso ad aumentare le pensioni basse e non è di contrasto alla povertà. Ci si chiede se in termini di equità rispetto agli 8 miliardi distribuiti ai pensionati con meno di mille euro (che sono alcuni milioni e che non saranno certo tutti “poveri”, ma di certo non tutti benestanti ) sarebbero stato molto più negativo , come nella proposta Inps (tramite la riduzione dell'età di pensionamento a 63 anni ipotizzata dall'Inps solo per i pensionati con pensioni più elevate ), distribuire ben 50 miliardi in pensioni anticipate in 10 anni ai futuri pensionati , ma solo alle fasce di pensione medio alte , escludendo in la gran parte dei lavoratori con retribuzioni medio basse e spesso con condizioni sociali più difficili».

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