Previdenza

Da Cassa dottori verifica ampia sulla professione

di Maria Carla De Cesari

La Cassa dottori commercialisti è titolare di un autonomo potere di verifica circa la legittimità dell’esercizio della professione, a prescindere dal Consigllio dell’Ordine. Lo ha stabilito la Cassazione a Sezioni unite, con la sentenza 2612/2017 (Renato Rordorf, primo presidente, ed Enrica D’Antonio, relatore).

Le sezioni unite hanno deciso dopo l’ordinanza interlocutoria 9489 del 2016 in cui si è dato atto che sulla questiome si sno fatti largo due orientamenti.

In base al primo, la Cassa di previdenza dei dottori commercialisti (da ultimo Cassazione 13853/2009) «ha solo il potere ... di accertare la sussistenza o meno dell’esercizio della libera professione, ma non quello di verificare la legittimità dell’iscrizione all’Albo professionale per una causa di incompatibilità....in quanto tale potere spetta unicamente al Consiglio dell’Ordine dei dottori commercialisti». Questa tesi, ricostruisce la Cassazione, si fondava sulla considerazione che la competenza circa l’iscrizione all’Albo «deve risultare espressamente da una norma che la attribuisca». Non ci possono essere, dunque, interpretazioni estensive o analogiche: la legittimità dell’iscrizione è verificabile dall’Ordine, il controllo sull’esercizio continuativo della professione tocca invece alla Cassa.

Il secondo orientamento, che ha cominciato a emergere agli inizi degli anni Duemila fino alla sentenza 25526/2013, sostiene invece che «i poteri di verifica e accertamento della Cassa non conoscono limiti». Il controllo sulla legittimità dell’iscrizione all’Albo, e quindi l’esame di eventuali cause di incompatibilità, discende direttamente dalla titolarità della Cassa di “saggiare” l’esercizio continuativo della professione. Per altro, la Cassa condivide la potestà di monitorare la legittimità dell’iscrizione all’Albo con il Consiglio dell’Ordine.

Le Sezioni unite, come detto, si pronunciano per il secondo orientamento, tenendo presente che poteri e funzioni delle Cassa e dell’Ordine hanno fonti autonome. Tuttavia, il potere dell’ente previdenziale va riconosciuto nel dovere di giudicare sull’esercizio della professione di dottore commercialista in via continuativa. Questa mission comprende il discernimento di eventuali situazioni di incompatibilità, per scongiurare che si verifichino cnflitti di interesse e lesioni ai principi di correttezza e onorabilità. Questo esame è connaturato alla verifica dell’esercizio dell’attività, soprattutto là dove essa è intesa come svolgimento di una libera professione caratterizzata da correttezza, lealtà e imparzialità.

La Cassa è tenuta per legge a verificare, prima di deliberare sulla pensione, comunicazioni e dichiarazioni reddituali degli ultimi anni, che eventualmente possono far emergere “salti” nell’esercizio della professione, anche - ribadiscono le Sezioni unite - per situazioni di incompatibilità.

Per la Cassazione l’ampiezza dei poteri attribuiti alla Cassa non può essere confutata neppure con la considerazione della mancanza di una procedura di contestazione da parte dell’ente previdenziale (che invece è prevista per l’Ordine). In soccorso, in questo caso, viene la legge 241/1990 sulla trasparenza amministrativa, con la possibilità per il professionista di conoscere tutti gli atti del procedimento.

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