Previdenza

Il 24 ottobre la «mini perequazione» all’esame della Corte costituzionale

di Matteo Prioschi

Saranno discusse il 24 ottobre 2017 le questioni di costituzionalità delle regole sulla perequazione delle pensioni messe a punto dal governo con il decreto legge 65/2015 in risposta alla bocciatura delle norme precedenti arrivata sempre dalla Corte costituzionale con la sentenza 70/2015.

A fine 2011, il decreto legge 201/2011, oltre a innalzare i requisiti di accesso alla pensione, ha previsto una norma transitoria per l’adeguamento all’inflazione degli assegni già in pagamento (la perequazione). Nel 2012 e nel 2013 è stato riconosciuto l’adeguamento pieno all’inflazione solo per le pensioni di importo fino a 3 volte il trattamento minimo, mentre nulla è stato pagato per gli importi superiori.

Con la sentenza 70/2015, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima questa disposizione, determinando però un problema per i conti pubblici, dato che il riconoscimento a posteriori del mancato adeguamento all’inflazione era stato stimato in 24 miliardi di euro. Di fronte a tale prospettiva, il governo, nella primavera di due anni fa, ha varato il decreto legge 65/2017 con cui è stata introdotta un nuovo meccanismo di perequazione riferito al biennio 2012-2013 che ha stabilito la perequazione al 100% per assegni fino a 3 volte il minimo; del 40% tra 3 e 4; del 20% tra 4 e 5; del 10% tra 5 e 6; nullo per importi oltre sei volte il minimo. Inoltre è stato definito un meccanismo di “consolidamento” parziale degli effetti di tali arretrati negli anni seguenti. La conseguenza è stata una “spesa” per lo Stato di soli 2,8 miliardi di euro.

Contro tali disposizioni i cittadini hanno presentato numerosi ricorsi ai tribunali, i quali in diversi casi hanno posto la questione di legittimità costituzionale, estendendola, a volte, al meccanismo di perequazione applicato nel periodo 2014-2018, ritenuto penalizzante per gli importi più elevati. Il 24 ottobre saranno quindi discusse ben 12 ordinanze che puntano, a vario titolo, a smantellare il decreto legge 65/2015 per quanto riguarda l’aspetto previdenziale. I dubbi di legittimità riguardano, in particolare, gli articoli 3, 36, 38, 117 e 136 della Costituzione.

L’esito è tutt’altro che scontato, dato che è vero che nel 2015 la Corte ha bocciato il sistema applicato nel 2012-2013, però il Governo nel mettere a punto la sua “risposta”, cioé il Dl 65/2015, ha tenuto conto dei rilievi dei giudici costituzionali.

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