Previdenza

Ape sociale, ora il monitoraggio anti-abusi

di Maria Carla De Cesari

L’Ape sociale, tra le misure previste dalla legge di Bilancio 2017 per rendere flessibile l’età di pensionamento, è in vigore. Si tratta di un aiuto per le persone in difficoltà: potrebbe a buon diritto, per certi versi, essere catalogato tra gli ammortizzatori sociali, visto che tra i destinatari figurano i disoccupati. D’altra parte, costituisce un intervento di welfare, poiché nella platea dei potenziali beneficiari figurano coloro che sono impegnati nella cura delle persone non autosufficienti.

Come l’Ape volontaria e la Rita (che però non sono ancora operative), l’intervento è sperimentale per due anni, fino al 31 dicembre 2018. A differenza dell’Ape volontaria (anche con la formula dell’anticipo “finanziato dall’impresa”), che prevede solo un parziale aiuto fiscale da parte dello Stato, e della Rita - la rendita ponte pagata attraverso il risparmio della previdenza complementare - l’Ape sociale è a totale carico della finanza pubblica. In questo quadro, a tutti coloro che beneficeranno dell’Ape sociale si applicano, in materia di cumulo di redditi da lavoro, i limiti validi per la percezione della disoccupazione Naspi (8mila euro di compensi annui in caso di redditi di lavoro dipendente; 4.800 per i quelli da lavoro autonomo).

L’Ape sociale punta a correggere la severità della legge Fornero che ha posticipato l’età della pensione di vecchiaia e per l’anticipata, senza tener conto di situazione oggettive di difficoltà, in cui si ritrovano, per esempio, i lavoratori dell’edilizia. In quanto destinata anche a chi si trova senza lavoro e senza pensione potrebbe anche chiudere la lunga teoria delle salvaguardie (a ben cinque anni dalla riforma Fornero).

D’altra parte, l’Ape costituisce un tassello aggiuntivo rispetto ai decreti legislativi 22/2015 e 150/2015 che, tra l’altro, hanno rivisto la disciplina di ammortizzatori sociali, disoccupazione e Cassa integrazione, prevedendo una fruizione temporale ridotta rispetto al passato.

Va sottolineato come la disciplina si faccia carico anche di condizioni che si stanno sempre più diffondendo, se non altro per l’invecchiamento della popolazione e per la dimensione ridotta delle famiglie, collegate all’attività di cura. Chi si dedica all’assistenza di familiari, nonostante congedi e permessi, spesso si scontra con la necesstà di lasciare il lavoro. Ora, pur preventivando di non incrementare i contributi per la pensione, si potrà evitare di rimanere senza reddito.

Proprio perché l’Ape sociale punta a essere uno strumento di equità occorrerà ora monitorare la congruità delle risorse messe a disposizione e censire le criticità per evitare di trasformare l’anticipo in un assegno “fuori merito”.

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