Previdenza

Chiusura delle liti pendenti con il rebus Inps

di Salvina Morina e Tonino Morina

La chiusura delle liti pendenti ha effetto solo ai fini delle imposte. Resta perciò irrisolto il problema dei contributi Inps, che, per l'istituto previdenziale, sono sempre dovuti sulla base dell’accertamento originario emesso dall’ufficio. Il problema è “vecchio” nel senso che si ripete quanto già accaduto in occasione delle precedenti chiusure, ma nessuno ha fatto qualcosa per risolverlo. Perciò, l’Inps pretende il pagamento del 100% dei contributi chiesti con l’accertamento originario, a prescindere da come sia stata fatta la definizione delle imposte, o dagli esiti del contenzioso. Sono queste le indicazioni fornite dall’Inps con la circolare 140 del 2 agosto 2016 , in occasione della precedente chiusura liti, a norma dell’articolo 39 del decreto legge 98/2011. Indicazioni che valgono anche per la nuova chiusura, di cui all’articolo 11 del decreto legge 50 del 24 aprile 2017.

Chiusura liti pendenti e Inps
Per l’Inps, in base a quanto riportato nella predetta circolare, nei casi di chiusura di lite «non può ritenersi che la definizione della lite (…) determini la quantificazione di un reddito inferiore rispetto a quello oggetto dell’accertamento. Quindi, in relazione agli accordi di chiusura agevolata delle liti fiscali pendenti, gli stessi non avranno efficacia sulle azioni di recupero promosse dall’Istituto il quale procederà alla riscossione degli importi da versare a titolo di contributi calcolati sull’intero ammontare originariamente accertato».

Le sentenze favorevoli ai contribuenti
Va anche detto che sono ormai diverse le sentenze a favore dei contribuenti, che annullano le richieste dell’istituto previdenziale. È illegittima la richiesta dell’Inps, che pretende l’intero importo dei contributi accertati dall’agenzia delle Entrate, senza considerare che il contribuente ha definito la lite con il fisco. Per il tribunale ordinario di Milano, sezione lavoro, sentenza 5304/2013, udienza del 21 giugno 2013, va dichiarata illegittima la richiesta dei contributi Inps «con tutte le conseguenze di legge, tenuto conto che non è stato richiesto un diverso accertamento dell’obbligo contributivo eventualmente sulla base dell’accordo intervenuto tra contribuente e fisco».
Il tribunale di Milano, oltre a dichiarare inesistente il credito, condanna l’Inps «a rimborsare alla ricorrente le spese di lite che liquida in complessivi euro 1.500 oltre accessori». Insomma, è vero che la chiusura delle liti è una chiusura a metà, vale solo per il Fisco e non per l’Inps, ma l’istituto previdenziale non può pretendere nulla, basando la propria richiesta solo sull’accertamento emesso dall’agenzia delle Entrate. Si deve inoltre osservare che in materia di contributi previdenziali, per il Tribunale di Catanzaro, l’impugnazione in sede giudiziaria costituisce impedimento legale all’iscrizione a ruolo del credito contributivo scaturente dall’accertamento tributario impugnato dinanzi la competente autorità, con la conseguenza che l’iscrizione stessa, essendo comunque stata eseguita, va considerata illegittima ed annullata (sentenza dell’11 marzo 2010).

La promessa della direttiva del 2012 “dimenticata” nel cassetto
In verità, va detto che l’agenzia delle Entrate, nella direttiva del 28 dicembre 2012, aveva promesso di risolvere il “problema Inps”, visto che si era riservata di fornire indicazioni in merito alle residue quote eventualmente da iscrivere sulla scorta delle determinazioni dell’Inps nel frattempo interpellato dalla stessa agenzia delle Entrate. Le “determinazioni dell’Inps” sono rimaste solo una promessa, considerato che, con la predetta circolare Inps 140 del 2 agosto 2016, si sono complicate le chiusure delle liti precedenti, sia quella che si è chiusa il 2 aprile 2012, sia quella di cui all’articolo 16, della legge 289/2002.
Insomma, più di 15 anni senza che nessuno abbia mai risolto il problema dei contributi Inps, conseguenti alle chiusure delle liti. Al riguardo, si precisa che, com’è successo per la chiusura delle liti, di cui all’articolo 16, della legge 289/2002, chiusa il 16 aprile 2004, di norma, l’istituto previdenziale non si è attivato. In questi casi, la chiusura della lite, fatta ai fini fiscali, diventa, per inerzia dell’Inps o per decadenza dei termini, chiusura definitiva anche ai fini previdenziali. Nei casi in cui l’Inps si è attivata, l’istituto chiede i contributi per l’intero importo accertato, salvo poi essere bocciato dalle sentenze dei vari Tribunali che ne annullano le richieste. Resta fermo che, in questo modo, anziché alleggerire il contenzioso, lo si alimenta, creando disorientamento ai contribuenti.

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