Previdenza

Ape social donne, sconto di 6 mesi per figlio

di Marco Rogari

Uno sconto contributivo di sei mesi per ogni figlio fino a un massimo di 2 anni. È quello che il Governo ha illustrato ai sindacati per rendere più accessibile l’Anticipo pensionistico social nel corso del round di ieri sulla previdenza. In altre parole, alle lavoratrici che rientrano nell’elenco delle categorie cosiddette “protette” dell’Ape social sarebbe consentito di utilizzare il prestito ponte avendo maturato, oltre ad almeno 63 anni di età, 28 anni di contribuzione, e non più 30 come previsto attualmente, in caso di disoccupazione e 34 anni, anziché 36, per chi è impegnata in attività gravose.

Con questo intervento da inserire nella prossima manovra, giudicato però troppo timido dai sindacati, verrebbe bilanciato lo squilibrio nelle richieste di Anticipo pensionistico, fin qui arrivate prevalentemente da uomini. Le domande delle donne non supererebbero il 29% e l’obiettivo sarebbe di arrivare al 40 % (secondo Cgil, Cisl e Uil si tratterebbe di 4mila lavoratrici in più).

I sindacati chiedono una misura più robusta che riconosca il lavoro di cura e che punti ad abbassare i requisiti di accesso alla pensione per le donne. Cgil, Cisl e Uil presenteranno una loro controproposta nel prossimo incontro del 13 settembre che sarà valutata dal Governo, come ha fatto sapere il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, presente al round di ieri insieme a Marco Leonardi (team economico di Palazzo Chigi). Ma per i sindacati un passaggio cruciale del confronto resta quello dello stop all’adeguamento all’aspettativa di vita dell’età pensionabile nel 2019 (da definire entro fine anno). Cgil, Cisl e Uil chiedono un rinvio. Il Governo però tiene duro e non è intenzionato a cambiare posizione a meno che dai dati Istat in arrivo nelle prossime settimane su invecchiamento e mortalità emerga un quadro diverso da quello delle ultime rilevazioni. In questo caso l’aumento da 66 anni e 7 mesi potrebbe diventare parziale invece che salire direttamente a 70 anni. Ma è un’ipotesi remota.

Il vero nodo da sciogliere resta quello delle risorse effettivamente disponibili. Anche per questo motivo il Governo ha garantito ai sindacati che ci sarà un incontro decisivo dopo la presentazione della Nota di aggiornamento del Def (attesa per il 20 settembre) con cui saranno riviste al rialzo le stime del Pil e “inglobato” nel quadro di finanza pubblica il nuovo spazio di “flessibilità” (8-9 miliardi) sul quale sta per arrivare il sì definitivo di Bruxelles.

Se la dote-pensioni si dovesse irrobustire, il Governo potrebbe pensare a misure più “massicce” sul fronte Ape. Anzitutto allargando la platea delle attività lavorative che accedono all’Anticipo pensionistico social e magari rafforzando lo sconto contributivo per le donne (due anni secchi). Con una coperta non troppo corta l’esecutivo potrebbe pensare inoltre di rendere ulteriormente appetibile l’Ape volontaria e potrebbe anche valutare una deroga all’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita per le sole attività maggiormente gravose (congelando l’aumento).

Nessun margine invece per una rivalutazione immediata delle pensioni. Su questo punto il Governo seguirà la traccia indicata nel verbale d’accordo dello scorso anno che prevede il ritorno al meccanismo del 2000 (Prodi) a partire dal 2019. «È sostanzialmente confermato l’impegno» preso, ha detto Poletti aggiungendo che «sarà fatto anche un lavoro di analisi e verifica anche sulla composizione del paniere che è alla base della rivalutazione delle pensioni». A occuparsene potrebbe essere un’apposita commissione mista, composta da ministero del Lavoro, sindacati, Inps, Istat e collegata a Eurostat. Sempre attraverso la commissione sarà avviato il lavoro di valutazione sulla eventuale separazione dell’assistenza dalla previdenza, chiesta da tempo dai sindacati.Per Susanna Camusso (Cgil) «siamo ancora in un quadro incerto, abbiamo chiesto di esplicitare le risorse». Carmelo Barbagallo (Uil) ha definito la proposta del Governo sulle donne «accettabile ma ancora minimale» e ha confermato la controproposta dei sindacati. Anche Annamaria Furlan (Cisl) ha rilanciato puntando su uno sconto «per tutte le lavoratrici madri» ampliando la legge Dini.

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