Previdenza

«Il sistema può ridurre i suoi costi»

di Davide Colombo

I fondi negoziali italiani, basati sul modello a contributi definiti, hanno oggi livelli di costo piuttosto competitivi, se paragonati a quelli degli omologhi fondi stranieri oppure dei Pip o dei fondi aperti. Ma possono fare ancora di più e meglio. Lo ha affermato ieri, nel suo intervento all’assemblea di Assofondipensione, il presidente della Covip, Mario Padula. «I fondi pensione negoziali – ha spiegato – sono investitori istituzionali che acquistano servizi amministrativi e finanziari, e possono contribuire in modo determinante al conseguimento di guadagni di efficienza a beneficio di attuali e potenziali iscritti, ma anche dell’economia del Paese nel suo complesso, proprio agendo sui costi di queste prestazioni».

Il presidente dell’Authority di vigilanza s’è naturalmente tenuto molto lontano da esempi concreti. Ma è noto, per esempio, che sul fronte dei servizi amministrativi per i fondi pensione il mercato è sostanzialmente nelle mani di due operatori che ne controllano il 92% e che, naturalmente, fanno il prezzo con la forza dell’oligopolista.

Se i fondi negoziali – è il messaggio – riuscissero a integrarsi meglio, potrebbero gestire in proprio alcune funzioni amministrative abbattendo una voce di costo. E con minori costi, ha spiegato Padula, «si possono garantire prestazioni pensionistiche migliori ma anche una maggiore quota di risorse che fluisce dal risparmio all’investimento».

Sul fronte dei servizi finanziari, altro lato di costo affrontato nell’intervento Covip, bisogna invece saper scegliere meglio soppesando il rapporto con i rendimenti nel medio-lungo periodo. A parità (o quasi) di return sulle gestioni, quelle attive oggi hanno un costo medio dello 0,33%, quelle attive a benchmark dello 0,26% e quelle passive dello 0,07%. I fondi negoziali, ecco l’altro messaggio, sappiano scegliere meglio perché così facendo possono ritagliare più risorse, in prospettiva, per gli investimenti in economia reale. Quelli sì che hanno un costo maggiore: «Si tratta di gestioni attive particolarmente sofisticate, costrette a muoversi in un mercato ancora molto sottile – spiega Padula – e lì è quindi inevitabile che qualche costo in più debba essere sostenuto».

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