Previdenza

Pensioni, il contributivo taglia l’assegno dei «quota 100»

di Davide Colombo e Marco Rogari

Non è stata citata dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nel suo discorso programmatico, ma la riforma Fornero resta al centro del percorso di attuazione del “contratto” di governo. I nodi da sciogliere, tra Lega e M5S, per il superamento delle regole previdenziali in vigore sono numerosi. Prima di arrivare alle nuove anzianità targate “quota 100” (con un minimo di 64 anni e non più di 3 anni di contribuzione figurativa), o “quota 41” a prescindere dall’età, bisogna per esempio decidere se le future pensioni a requisiti ridotti saranno ricalcolate o meno con il “contributivo” ragguagliato ai coefficienti di trasformazione a 64 anni. Proprio quest’ultima opzione, infatti, che prevede una penalizzazione sull’assegno finale, rientra nello schema messo a punto dagli esperti della Lega, un meccanismo che potrebbe garantire il rispetto del target dei 5 miliardi l’anno di maggiore spesa previdenziale annunciata.

Il ricalcolo è meno penalizzante di quello conosciuto con la sperimentazione “opzione donna” (che dovrebbe essere riproposta dal governo) poiché modificherebbe la valorizzazione solo dei versamenti successivi effettuati dal 1996 e fino al 2012 da parte di lavoratori con meno di 18 anni di contratto prima della riforma Dini. Secondo Alberto Brambilla, che nel toto-nomine è in corsa per un posto di vice-ministro al Lavoro, il penalty non sarebbe per tutti: i lavoratori che hanno avuto carriere piatte e senza aumenti retributivi negli ultimi anni (situazione assai diffusa dal 2008 in poi) non subirebbero quasi alcuna perdita, mentre una sensibile riduzione potrebbe arrivare per chi ha beneficiato di aumenti salariali (fino al 9-10% per un 64enne con oltre 20 anni di contributi).

L’accordo Lega-Cinquestelle sul meccanismo per «superare la Fornero» dovrebbe comprendere anche questo ricalcolo, ma dai Pentastellati non è mai arrivato un esplicito via libera. I Cinquestelle vogliono invece la pensione di cittadinanza (ovvero un’integrazione al minimo elevata oltre i 750 euro), il taglio agli assegni sopra i 5mila euro netti mensili (nonostante i vincoli costituzionali), la proroga di “opzione donna” e il congelamento degli stabilizzatori di spesa, ovvero l’automatismo che adegua i requisiti di pensionamento alla speranza di vita. Punti su cui i leghisti non intenderebbero cedere, visto che si pongono su una prospettiva di razionalizzazione della spesa assistenziale e di semplificazione del sistema con il varo di un Testo unico della previdenza. La quadratura del cerchio arriverà solo dopo la composizione del quadro delle nomine di governo.

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