Previdenza

Torna la Cigs per cessazione ma resta il nodo delle coperture

di Manuela Perrone e Giorgio Pogliotti

Ritorna la cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività o di ramo d’azienda. Almeno stando agli annunci del ministro del Lavoro Luigi Di Maio, che in autunno intende reintrodurre per decreto legge lo strumento cancellato dal governo Renzi dal 1°gennaio 2016.

«È un’altra toppa alle falle del Jobs Act», ha spiegato il ministro ai suoi più stretti collaboratori, aggiungendo che serve urgentemente «una misura ponte in attesa che il reddito di cittadinanza vada a regime». A partire dal primo tassello del potenziamento dei centri per l’impiego, che nelle intenzioni del ministro dovrebbe viaggiare con la legge di bilancio attraverso un intervento di circa due miliardi di euro. Ma nessuno si aspetta che una riforma così impegnativa produca effetti nell’immediato. Nel frattempo, però, Di Maio vuole fornire risposte a chi rischia di perdere il posto di lavoro.

La reintroduzione della Cigs per cessazione è stata promessa da ultimo dal ministro in visita ai 318 lavoratori in esubero della Bekaert a Figline Valdarno. E dovrebbe riguardare anche le aziende che hanno cessato o annunciato la fine delle attività, intercettando una parte consistente dei 189mila lavoratori coinvolti dai 144 tavoli di crisi aperti al Mise.

Lo strumento era stato cancellato nel 2015 nell’ambito della più complessa rivisitazione degli ammortizzatori sociali attuativa del Jobs Act. La filosofia era quella di arginare il massiccio ricorso alla cassa integrazione per le aziende decotte senza prospettiva di ripresa, lasciando ai dipendenti rimasti senza lavoro la Naspi e dirottando risorse sulle politiche attive del lavoro. Che però non sono ancora decollate. Risultato: in questi anni si sono succedute deroghe per le aziende delle aree di crisi complessa che presentavano margini di rilancio. Deroghe che scadono a fine anno. Di qui la preoccupazione di imprese e sindacati.

In quello che si preannuncia un autunno caldo, tra le fibrillazioni sui mercati e la legge di bilancio tutta da costruire, Di Maio ha bisogno di lanciare segnali distensivi al mondo produttivo. Resta da capire su quali coperture potrà contare per finanziare il ripristino della Cigs per cessazione. Coperture che varieranno in base alla platea che i tecnici stanno individuando. Si sta ancora ragionando se privilegiare un intervento selettivo o più generalizzato. Le stime più restrittive parlano di 140 milioni per le prestazioni e 110 milioni per i contributi figurativi. Nel 2016, all’indomani della cancellazione dell’ammortizzatore, servirono 60 milioni per completare i piani di gestione degli esuberi oggetto degli accordi pregressi firmati al ministero del Lavoro. Poi furono messi sul piatto altri 55 milioni per coprire fino al 31 dicembre 2015.

Ma il rischio adesso è che, riaprendo il rubinetto della Cigs, si ripeta il copione degli anni della crisi, quando un uso estensivo del regime delle deroghe fece lievitare i costi. Che in questo caso significherebbe passare da qualche centinaio di milioni a miliardi, peraltro drenando risorse dalle politiche attive. Senza trascurare la variabile «Tria»: ogni nuova spesa dovrà comunque passare al vaglio del Mef, già costretto a districarsi nel ginepraio delle richieste che arrivano dai ministeri.

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