Previdenza

Per «integrativa» e welfare aziendale incognita-Flat tax

di M.Rog.

Al netto dell’emergenza infrastrutture e della partita con Bruxelles sui conti pubblici, i riflettori del Governo sono puntati, oltre che sui dossier Cig e reddito di cittadinanza, sul superamento della riforma Fornero e sulla flat tax. Con il capitolo che assorbe in primis la previdenza complementare ma anche sanità integrativa e welfare aziendale seriamente destinato a rimanere nell’ombra. Al momento, infatti, l’esecutivo non sembra aver messo in cantiere interventi strutturali per rendere più appetibili (soprattutto fiscalmente) questi strumenti.

Non solo: l’introduzione a regime della Flat tax rischia di diventare un freno per il decollo dei fondi pensione: nel caso di un punto di caduta con un’aliquota fiscale al 15% il ricorso alle previdenza complementare risulterebbe meno appetibile (la “tassazione” è al 20%), ma anche nel caso di un allineamento delle aliquote i lavoratori con redditi bassi potrebbero essere meno invogliati a dirottare risorse sul “secondo pilastro”. Senza dimenticare un nodo chiave: il destino di deduzioni e detrazioni oggi previste per pensioni complementari, sanità integrativa, assicurazioni per non autosufficienti e welfare aziendale, che con l’introduzione piena della tassa piatta o dual tax rischierebbero di essere risucchiate dalla conseguente vasta potatura della giungla degli sconti e bonus fiscali. Attualmente i contributi versati alle forme di previdenza complementare, escluso il Tfr (quindi i contributi volontari e datoriali), sono interamente deducibili dal reddito Irpef fino ad un massimo di 5.164,57 euro annui mentre per la sanità integrativa la deducibilità Irpef è prevista fino a quota 3.615,20 euro l’annuo.

Anche per questo motivo nel Governo c’è chi sta pensando che sia necessario avviare una riflessione sulle ricadute che potrebbero esserci sugli strumento integrativi con l’entrata in vigore, a regime, della riforma fiscale che il Governo intende far scattare gradualmente. È quindi probabile che venga aperto uno specifico dossier. Anche perché, sopprattutto per quanto riguarda la previdenza, anche con il superamento della legge Fornero le forme integrative continuerebbero ad avere una loro strategicità soprattutto per i lavoratori con carriere contributive discontinue. Naturalmente nella maggioranza non è in discussione l’introduzione del Flat tax, che rappresenta uno dei punti chiave del famoso di contatto di governo.

Ma anche secondo l’ex sottosegretario al Lavoro, Alberto Brambilla, che è un esperto di previdenza ascoltato dalla Lega, «una riflessione va assolutamente fatta», soprattutto alla luce della possibilità che «con la positiva introduzione della tassa piatta possa scattare l’eliminazione degli attuali sconti e benefici fiscali che rappresenterebbe un colpo robusto al welfare complementare». Che, ad esempio sul versante delle pensioni integrative, continua a patire un ritardo molto marcato rispetto a molti altri Paesi. I fondi pensione negoziali e i fondi aperti hanno reso nel 2017 in media rispettivamente il 2,6% e il 3,3 per cento. Sempre lo scorso anno il Tfr si è rivalutato, al netto delle tasse, dell’1,7%. Secondo i dati Ocse la distanza da molti Paesi (dall’Australia alla Polonia) è significativa. Siamo lontani, sottolinea Brambilla, circa dieci volte dalla media ponderale dei Paesi Ocse. E la Covip ha fatto anche notare che in Italia sotto i 34 anni la partecipazione alla previdenza complementare è del 19% ed è di oltre un terzo inferiore rispetto alle fasce di età più mature.

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