Previdenza

«Inclusione»parola-chiave nelle strategie delle aziende top employer

di Francesca Barbieri

Ludovica ha 28 anni, vive a Verona con i genitori e due sorelle più piccole. Ha la sindrome di down e dallo scorso aprile lavora da Primark, il colosso della grande distribuzione con negozi sparsi in tutto il mondo, che è sbarcato in Italia due anni fa. Un traguardo centrato dopo un percorso di formazione durato cinque anni, durante il quale ha preso parte a lavorazioni specifiche per alcune aziende del settore tessile e abbigliamento. In seguito, grazie all’intervento delle Fondazioni Adecco e Più di un sogno, Ludovica è arrivata in Primark con un tirocinio di inserimento lavorativo. Durante lo stage inoltre è stata organizzata una formazione ad hoc per tutti gli store manager delle aree coinvolte: alla fine Ludovica è stata assunta e Primark ha deciso di replicare il progetto a Firenze.

Una piccola ma significativa storia di inclusione, che in Italia vede coinvolte sempre più aziende in progetti per gestire e valorizzare le diversità in azienda. Si punta all’inclusione dei lavoratori disabili, ma anche di persone appartenenti ad etnie e religioni diverse, a gestire il ricambio generazionale e a promuovere la parità di genere.

Giovani e donne: su questo fronte è impegnata Piaggio Aerospace, con un progetto di change management «che negli ultimi due anni - spiega Flavia Mirabelli, senior vice president human capital & organization di Piaggio Aerospace - ha visto i manager lavorare su molti fronti, inclusa la diversity. A fronte di un contesto dove i millennials rappresentavano fino a qualche tempo fa poco meno del 15% della forza lavoro totale e le donne non arrivano al 10%, negli ultimi anni abbiamo messo in atto un piano di assunzioni mirato a potenziare la diversity in tutte le funzioni aziendali, con i millennials che sono oggi il 75% dei nuovi assunti e con il 25% di donne».

Kohler, multinazionale che produce motori, ha invece introdotto una sorta di quota rosa nelle selezioni. «Nella short list di massimo cinque candidati che arrivano alle selezioni finali per laureati e quadri - dice l’Hr manager Emea, Claudio Galli - ci devono essere almeno due donne». L’obiettivo è aumentare la presenza femminile, ora ferma al 20% su 800 addetti in Italia. Mentre Siemens ha lanciato workskshop e campus in e-learning dedicati a propri dipendenti per superare ogni tipo di stereotipo.

La diversity necessaria all’azienda per avere successo passa anche attraverso le differenze etniche e culturali. Il 71% delle aziende italiane ha dipendenti provenienti da 45 Stati secondo una survey di Aidp, l’associazione dei direttori del personale. Dal 2008 al 2017 la presenza straniera nel mercato del lavoro si è fatta sempre più evidente: da 1,7 milioni di occupati si è passati a 2,4 milioni (+43%), che ora sono il 10,5% del totale. Il 46% svolge mansioni esecutive, il 25% impiegatizie, l’11% sono tecnici specializzati, il 17% tra quadri e dirigenti. Le nazionalità più presenti sono Romania, Albania, Marocco, Polonia e Cina.

«Il fatto che la differenza sia poco riconosciuta – spiega Isabella Covili Faggioli, Presidente Aidp - non significa che non sia presente o che non possa rappresentare una risorsa per l’organizzazione». Anni fa ha fatto notizia l’accordo firmato tra una cooperativa di servizi logistici e i sindacati che riconosceva ai 90 dipendenti musulmani il diritto di culto durante le pause lavorative» e oggi l’84% degli hr manager si dichiara favorevole alla pausa preghiera, anche se l’80% delle aziende non ha politiche specifiche di gestione delle differenze culturali, religiose ed etniche. Eppure qualcosa si muove e le iniziative si moltiplicano: la diversity è spesso al centro di contratti di secondo livello e un capitolo importante dei bilanci sociali delle aziende. Le 90 aziende certificate Top Employers in Italia svettano rispetto alle altre 1.200 certificate in Europa sul terreno dell’inclusione: oltre i due terzi d mette in atto piani di assunzione di persone svantaggiate, rispetto a una media Ue del 61%. Tra poco meno di un mese, il 25 ottobre, si terrà a Roma «Inclusive mindset» in collaborazione con l’alto commissariato nell’Onu per i rifugiati. Un incontro che vedrà protagoniste le testimonianze di persone che sono riuscite a portare le proprie competenze e il proprio valore nel mercato del lavoro. «Le imprese puntano a costruire sistemi di welfare all’insegna dell’inclusione – spiega Simona Cuomo, coordinatrice del diversity management lab di Sda Bocconi -: la progettualità è ampia, anche se è ancora faticoso tradurre i buoni propositi e i progetti in un modello veramente inclusivo per tutti ». Sarà per questo che in azienda si stanno introducendo figure dedicate alla diversity: tra gli ultimi casi c’è quello di Unicredit, che ha nominato qualche mese fa una disability manager per progetti specifici a supporto dei lavoratori disabili.

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