Previdenza

«Quota 100», senza incentivi le imprese frenano il turnover

di Giorgio Pogliotti, Claudio Tucci

Il progetto “quota 100” per favorire il ricambio generazionale non convince il mondo imprenditoriale, che non vede alcun automatismo tra entrate e uscite. In un contesto economico ancora ricco di incertezze, gli imprenditori chiedono al governo di cambiare l’ordine di priorità, puntando su taglio del cuneo fiscale per favorire le assunzioni stabili e crescita.

Abbiamo fatto un rapido viaggio da Nord a Sud Italia per conoscere le prime opinioni delle aziende.

Iniziamo da Mevis, gruppo metalmeccanico con 600 lavoratori, casa madre in provincia di Vicenza, specializzato in componenti metallici per automotive, elettrotecnica, elettrodomestici. «La complessità del settore e l’innovazione richiedono collaboratori altamente formati – racconta il presidente e ad di Mevis, Federico Visentin –. La proposta dell’esecutivo di uscita anticipata con “quota 100” rischia di farci perdere personale competente e con esperienza che nuovi ingressi non riusciranno a coprire del tutto». Il tema è serio. «Noi puntiamo sui senior anche per affiancare e trasferire le conoscenze ai giovani – aggiunge Visentin – . Abbiamo bisogno di tecnici. Ma, se perdiamo validi collaboratori e il legame scuola-lavoro si indebolisce, saremo in grande difficoltà, con il costo del lavoro monstre che pesa sulle imprese».

Preoccupazioni condivise da Sergio Dompé, presidente e Ceo dell’omonimo gruppo biofarmaceutico, quartier generale Milano, Aquila e Napoli, con sedi in tutto il mondo e 700 addetti: «L’incertezza frena le assunzioni, bisogna anzitutto rasserenare il clima, considero legittimo ripensare le politiche di austerity, ma questo ripensamento deve essere coerente con i vincoli di bilancio, non bisogna cancellare quello che funziona, come ad esempio il Jobs act». Sulla previdenza: «La coperta è corta – aggiunge Dompé – spendiamo più di altri Paesi per le pensioni, piuttosto servono incentivi per l’assunzione di giovani, come la decontribuzione. Serve una visione di medio-lungo periodo, mentre prevale un’ottica da perenne clima elettorale».

Bisogna, dunque, cambiare l’agenda delle priorità, spiega Gaetano Maccaferri, presidente dell’omonimo gruppo industriale, 55 siti produttivi e quasi 5mila dipendenti nel mondo: «Serve una consapevolezza condivisa dell’impatto che ha avuto la crisi delle costruzioni, gli investimenti ridotti del 30%, con un calo dello 0,5% del Pil. Se si riattivasse il settore delle costruzioni si darebbe ossigeno all’economia e al Pil. Ci sono risorse disponibili dei privati su progetti cantierabili, mi riferisco agli investimenti dei concessionari autostradali e ferroviari, che vanno sbloccati per progetti già pronti, senza che servano altre risorse pubbliche».

Dal Centro-Nord Italia alla Campania il passo è breve. Qui c’è il gruppo Adler, colosso campano leader mondiale nella fornitura di componentistica automotive, 15mila addetti complessivi. Per il presidente e ad, Paolo Scudieri, «quota 100 non è una misura che favorirà l’occupazione. Per essere all’altezza delle sfide del mercato globale e di Industria 4.0 dobbiamo ragionare, come obiettivo Paese, non in termini di campagna elettorale». Il massiccio turn over che immagina il governo difficilmente si realizzerà. «I giovani formati in linea con le odierne esigenze produttive sono una rarità e quelli che ci sono ce li rubiamo – aggiunge Scudieri – . Se vogliamo rilanciare il mercato del lavoro, oltre all’azzeramento della burocrazia, servono due cose: riduzione del cuneo e rafforzamento del link scuola-lavoro».

Sempre al Sud, c’è Marcianise (Ce) dove ha sede il gruppo Getra, leader nella produzione di trasformatori elettrici con 300 addetti diretti (altrettanti indiretti), due stabilimenti in Italia due branch all’estero. «Non esiste alcun automatismo – spiega il presidente di Getra, Marco Zigon – non è detto che i pensionati con quota 100 vengano sostituiti con il turn over, le assunzioni dipendono dalle condizioni di mercato. C’è l’esigenza di rinnovare e ringiovanire il personale perché per reggere la sfida di Industria 4.0 servono persone con maggiore propensione al nuovo. Ma per farlo, bisogna creare un contesto favorevole, puntare in modo più chiaro sullo sviluppo. Prima di distribuirla, la ricchezza bisogna crearla, con investimenti in infrastrutture, Industria 4.0, taglio del cuneo fiscale». Si ha la percezione, chiosa Zigon, «che per qualcuno le imprese intendano perseguire altri scopi. Falso. La crescita è obiettivo comune».

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