Previdenza

Per l’indennità di maternità, congedo per handicap grave neutralizzato anche prima della Consulta

di Silvano Imbriaci

Con la sentenza numero 158 del 13 luglio scorso la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 24 del Dlgs 151/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della paternità e maternità), nella parte in cui non prevede l'erogazione del trattamento di maternità alla lavoratrice che abbia fruito del congedo previsto dall’articolo 42, comma 5, dello stesso testo unico (assistenza del coniuge o del figlio gravemente disabile).

In particolare, è ritenuta illegittima la mancata esclusione del periodo di congedo straordinario, fruito dalla lavoratrice per assistere il coniuge convivente o un figlio portatore di handicap in situazione di gravità accertata, dal computo dei sessanta giorni immediatamente antecedenti l'inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per maternità ai fini dell’indennità di maternità. In base all’articolo 24 del Dlgs 151/2001, infatti, l’indennità di maternità è riconosciuta anche alle madri che iniziano il congedo di maternità seppur in tale momento siano disoccupate, assenti dal lavoro senza retribuzione o sospese purché la loro condizione di “non lavoro” non sia superiore a 60 giorni.

I casi concreti portati all'attenzione della Corte erano due: quello di una lavoratrice, beneficiaria da oltre un anno del congedo retribuito previsto dall’articolo 42 per l'assistenza del coniuge gravemente disabile e interdetta in anticipo dal lavoro a causa di gravi complicanze nella gestazione (tribunale di Torino, ordinanza 130/2017); l'altro, quello di una lavoratrice che aveva iniziato una nuova gravidanza già in congedo straordinario per l'assistenza di un figlio in condizione di disabilità grave (tribunale di Trento, ordinanza 47/2017). In entrambi i casi, in assenza di previsione di deroga espressa, il precetto dell'articolo 24 avrebbe impedito a queste lavoratrici l'accesso all'indennità di maternità, in ragione dello stato di assenza dal lavoro per un periodo superiore ai 60 giorni rispetto all'inizio del congedo di maternità (mancata ripresa dell'attività lavorativa).

La Corte costituzionale ha ritenuto che la negazione dell'indennità di maternità alla madre che si trovi a beneficiare del permesso da più di sessanta giorni rispetto all'inizio del periodo di astensione obbligatoria vanificherebbe le esigenze di tutela della salute della madre lavoratrice e del nascituro, mettendo nello stesso momento a rischio (in quanto oggetto di una opzione) la garanzia della cura del disabile.

A seguito della sentenza della Corte che ha dichiarato l'illegittimità della normativa in questione, l'Inps ha fornito le prime indicazioni operative con questo messaggio del 2 novembre 2018, numero 4074, precisando la portata dell'intervento additivo della Corte costituzionale in tre direzioni:
a) la Corte non ha escluso dal computo dei sessanta giorni tutti i periodi di congedo straordinario, bensì solo quelli fruiti per l'assistenza al coniuge convivente o a un figlio con disabilità in situazione di gravità (accertata);
b) con riferimento alle unioni civili (legge 76/2016, entrata in vigore il 5 giugno 2016), tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole coniuge, coniugi, o equivalenti, si applicano ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. L'unito civilmente è inserito, al pari del coniuge, tra i soggetti individuati dal legislatore ai fini del congedo straordinario di cui all'articolo 42, comma 5, del Dlgs 151/2001. Sul punto, la circolare 38/2017 aveva già dato ampie indicazioni, in applicazione della sentenza 213 del 5 luglio 2016 che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 33, comma 3, della legge 104/1992 nella parte in cui non includeva il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l'assistenza alla persona con disabilità in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine di secondo grado. Per tali motivi, sulla scia di quelle stesse considerazioni, l'Inps oggi precisa che dal computo dei sessanta giorni di cui all'articolo 24, devono essere esclusi anche tutti i periodi di congedo straordinario fruiti per l'assistenza alla parte dell'unione civile convivente riconosciuta in situazione di disabilità grave (articolo 4, comma 1, della legge 104/1992);
c) le istruzioni applicative valgono anche per gli eventi pregressi rispetto alla sentenza della Corte costituzionale del 2018, sempre che vi sia stata specifica domanda in tal senso da parte dell'interessato, non siano trascorsi i termini di prescrizione, ovvero non sia intervenuta sentenza passata in giudicato.

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