Previdenza

Svimez: al Sud il 63% del reddito di cittadinanza

di Carmine Fotina

Un effetto leva sul Pil dettato dai consumi, azionati a loro volta dal reddito di cittadinanza: nel rapporto annuale la Svimez calcola l’impatto positivo della manovra finanziaria nel Mezzogiorno, mettendo in luce però lo squilibrio tra sussidi e investimenti.

Nel 2019 la legge di bilancio contribuirà alla crescita del Pil in misura dello 0,29% al Sud contro lo 0,19% del Centro-Nord. Nel 2020 si passerà rispettivamente a 0,41 e 0,24%. L’impatto è superiore nel Mezzogiorno per effetto dei consumi. «Ma in assenza di una significativa ripresa degli investimenti – osserva il direttore della Svimez, Luca Bianchi – viene limitata fortemente l’efficacia espansiva di misure redistributive come quelle adottate». Le misure classificate come trasferimenti sociali esprimono un moltiplicatore sul Pil pari al 60% di quello sviluppato dagli investimenti.

Nonostante la ripresa dei consumi, la crescita del Pil del Mezzogiorno – +0,8% nel 2018 contro l’1,3% del Centro-Nord – resterà inchiodata all’1% nel 2019 e allo 0,9 nel 2020. E spicca la decelerazione degli investimenti totali, dal +3,8% del 2018 al +1,6% del 2020.

Lo «spread» annulla i benefici

Tornando alla manovra, secondo la Svimez il Sud beneficerà di circa il 40% delle minori entrate e di oltre il 40% delle maggiori spese. Ad ogni modo l’effetto espansivo sarà praticamente cancellato dal contraccolpo derivante dall’aumento dello spread. Ipotizzando che nel 2019 e nel 2020 sia di poco inferiore ai 300 punti, il differenziale Btp-Bund determinerebbe al Sud una minore crescita di circa lo 0,33% il primo anno e dello 0,35% nel secondo. Nel Centro-Nord l’effetto sarebbe inferiore, dello 0,22% e dello 0,25%, per le minori difficoltà delle imprese nell’accesso al credito.

Al reddito «mancano» risorse

Dalla simulazione Svimez sul reddito di cittadinanza emerge che il 63% delle risorse (6,8 miliardi al netto dei fondi del vecchio Rei, il reddito di inclusione) andrebbe al Mezzogiorno, dove si concentrerebbe il 52% delle famiglie aventi diritto. La Svimez calcola in tutto 1,8 milioni di famiglie beneficiarie, partendo tra l’altro da una soglia Isee più bassa di quella ipotizzata dal governo: 6mila euro massimi (come per il Rei) e non 9.360. Insomma, una platea più ristretta rispetto alle ambizioni M5S, eppure i conti non tornano. Con le risorse attuali si potrebbe erogare un sussidio compreso tra i 255 e i 712 euro, ben inferiore ai 780 prefissati. Per raggiungere l’obiettivo, secondo Bianchi, servirebbero 15 miliardi.

La spesa dei fondi straordinari

La manovra contiene anche lo sblocco, a partire dal Def del 2019, di una norma che era stata in realtà ideata dal precedente governo: almeno il 34% della spesa ordinaria in conto capitale della Pa centrale dovrà andare al Sud, inclusi i contratti di programma di Anas e Rfi. Si parte da dati molto più bassi. Secondo l’ultimo Quadro finanziario unico, al netto delle partite finanziarie il Mezzogiorno era nel 2017 al 26,7%.

Per dare più forza alla norma sul 34%, rendendola in un certo senso cogente, si studia anche un emendamento alla legge di bilancio. Il mancato raggiungimento dell’obiettivo fissato di «riequilibrio» porterebbe, per l’annualità successiva, al trasferimento dell’importo non assegnato dall’amministrazione interessata ad un Fondo di perequazione per finanziare progetti nel Mezzogiorno.

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