Previdenza

Contributi non neutralizzabili per la pensione indiretta

di Silvano Imbriaci

La questione affrontata nella sentenza della 28760, 9 novembre 2018, della Corte di cassazione riguarda il calcolo della pensione indiretta (in conseguenza del decesso del dante causa prima del raggiungimento dell'età pensionabile) a favore del beneficiario e in particolare se nel complesso della contribuzione versata durante l'attività di lavoro del de cuius debbano essere inserite anche le contribuzioni corrispondenti a periodi lavorativi nei quali l'interessato aveva percepito una retribuzione di importo inferiore rispetto al passato (in altre parole, si invoca il principio della neutralizzazione di tali periodi contributivi non vantaggiosi).

Secondo la prospettazione della parte privata, esiste un principio immanente nell'ordinamento, anche se non espressamente enunciato a livello normativo, circa la salvaguardia del livello retributivo di pensione raggiunto in itinere una volta che si sia perfezionato il requisito contributivo richiesto per il diritto a pensione.

In altri termini, il trattamento di pensione virtualmente raggiunto, una volta perfezionatosi il requisito contributivo minimo, non può essere compromesso da eventuale contribuzione versata successivamente e meno pesante, per essere intervenuta su retribuzioni di importo inferiore.

Secondo la Corte questa interpretazione, seppur suggestiva, non può essere accolta. Ha infatti una certa rilevanza il trattamento pensionistico sul quale si chiede l'applicazione del principio. La pensione indiretta, della quale si discute, è una prestazione simile ma non identica alla pensione di reversibilità e costituisce una modalità di risposta dell'ordinamento al rischio della premorienza del lavoratore prima del raggiungimento della pensione, in assenza dunque di titolarità del trattamento pensionistico. I familiari superstiti hanno diritto alla prestazione previdenziale sempre che, al momento del decesso del lavoratore, lo stesso abbia maturato un minimo di contribuzione (15 anni oppure 5 anni, di cui almeno una parte – 3 anni – versati nei 5 anni precedenti il decesso).

Di fronte alla circostanza per cui il lavoratore aveva maturato un numero di contributi notevolmente superiore, anche senza considerare la contribuzione successiva di importo minore, l'eventuale neutralizzazione che si prospetta non supera il dato oggettivo, rappresentato dal fatto che nel caso di specie non siamo in presenza di un trattamento pensionistico sul quale operare il meccanismo della neutralizzazione. Il dante causa era ancora un lavoratore al momento del decesso e non un titolare di pensione (anche se il decesso era avvenuto pochi giorni prima della visita disposta a seguito della domanda di assegno di invalidità).

Il principio della neutralizzazione, per come disegnato anche dalla Corte costituzionale (sentenza 264/1994), implica che sia maturato un diritto a pensione e che sia discusso il meccanismo di calcolo del rateo. Dunque il dante causa, pur avendo maturato un numero sufficiente di contributi, non aveva raggiunto l'età pensionabile e dunque non poteva applicarsi il principio nei termini indicati dalla giurisprudenza costituzionale. Allo stesso modo, l'avente causa aveva maturato il diritto alla pensione indiretta, da calcolarsi secondo il criterio indicato dalla legge, e senza il riferimento a un precedente trattamento pensionistico (così come accade nel caso dei trattamenti di reversibilità), proprio perché al momento del decesso il de cuius non poteva essere titolare di alcun trattamento pensionistico.

La pensione indiretta trova il suo fondamento nella posizione assicurativa e contributiva del dante causa, e non in un trattamento pensionistico, per cui non si tratta di applicare un principio ad ipotesi analoghe non contemplate dagli interventi precedenti della Corte costituzionale. Le due situazioni non sono comparabili e anche sotto questo profilo non è applicabile il principio enucleato con riferimento, in origine, alla titolarità della pensione di vecchiaia. Non si possono infatti confondere e mettere sullo stesso piano il requisito minimo contributivo, che deve aver maturato il de cuius perché i superstiti ricevano la pensione indiretta, con il requisito richiesto per l'accesso ad una prestazione di tipo pensionistico. La misura della pensione indiretta deve essere determinata rapportandola alla posizione del lavoratore al momento del decesso.

La tesi della Cassazione è conforme al principio più volte ribadito circa l’inapplicabilità della neutralizzazione ai periodi contributivi che concorrono ad integrare il requisito necessario per l'accesso al trattamento pensionistico (Cassazione 10323/2017) e al principio per cui la contribuzione acquisita nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo non può tradursi nel detrimento della misura della prestazione pensionistica già virtualmente maturata (Cassazione 29903/2011). Da tali principi, infatti, si deduce che è inapplicabile la neutralizzazione dei periodi che concorrono a formare il requisito necessario per l'accesso al trattamento pensionistico (per un precedente, Cassazione 25970/2017)

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