Previdenza

Pensioni e reddito, si parte con quattro miliardi in meno

di Davide ColomboClaudio Tucci

La controriforma delle pensioni e il Reddito di cittadinanza partono ma con una gradualità di attuazione che consentirà al Governo di lasciare nelle casse dello Stato almeno quattro dei 15,7 miliardi previsti nei due fondi attivati in legge di Bilancio per il 2019. O almeno questa è la scommessa dell’esecutivo. Quello che avverrà nei due anni successivi su questa nuova spesa corrente si vedrà. Per “quota 100” la tenuta dovrebbe essere garantita dallo schema di posticipi e disincentivi previsti nel testo dell’emendamento già pronto per essere presentato in Senato, anche se resta aperta l’ipotesi di un decreto legge.

Vediamo come. Le nuove pensioni di anzianità con 62 anni e 38 di contributi saranno temporanee e valide per il triennio 2019-2021. Per chi ha già i requisiti la prima uscita utile è aprile, per chi invece li matura dal primo gennaio prossimo scatta la finestra mobile di tre mesi, che diventano sei (nove in prima applicazione) per il pubblico impiego: i primi quotisti statali non uscirebbero prima di ottobre. Mentre per i dipendenti della scuola resta il regime speciale con uscita in settembre (per chi matura il requisito entro il 31 marzo 2019). Il disincentivo che dovrebbe frenare l’esodo di tutti i quotisti potenziali, si parla di 350mila persone, è il divieto di cumulo con altri redditi da lavoro fino a 5mila euro l’anno fino a un massimo di cinque anni. Confermata la proroga di un anno dell’Ape sociale e di “Opzione donna” per le lavoratrici con 35 anni di contributi nate nel 1959 (1958 se autonome) e confermato anche a 41 anni e 10 mesi (42 e 10 mesi se donne) il requisito per il pensionamento anticipato.

Sulle pensioni il primo anno si potrebbe spendere tra 1,5 e 2,2 miliardi in meno contando su minori uscite ma anche confermando un raffreddamento dello schema di perequazione degli assegni all’inflazione, che potrebbe arrivare in parallelo al “pacchetto” già chiuso, al posto del previsto ritorno alle tre fasce da gennaio. Secondo le ultime indiscrezioni nelle norme che riconoscono maggiori dotazioni all’Inps per gestire le nuove prestazioni ci sarebbe anche la reintroduzione del Cda nella governance, che vale anche per Inail.

Ieri Luigi Di Maio ha anche annunciato un taglio «dal 25% al 40%» sulle pensioni d’oro che entrerà con un emendamento in Senato. Fonti tecniche hanno successivamente ribadito che resta sul tavolo un decalage del contributo di solidarietà,con aliquote dell’8%, 12%, 16% e 40%. Non è stato tuttavia confermato se le soglie di reddito restano quelle della vecchia bozza di emendamento: da 90mila euro lordi l’anno (circa 4.500 euro al mese) a 130mila la prima; tra i 130 mila e i 200mila la seconda; tra 200mila e 350mila euro la terza; fino a 500mila euro la quarta e oltre mezzo milione per l’ultima fascia.

Per il Reddito e le pensioni di cittadinanza si stima un risparmio di 2,2 miliardi già nel 2019, dovuto a una partenza degli strumenti in corso d’anno: a febbraio scatterà l’innalzamento a 780 euro delle pensioni di cittadinanza (platea potenziale 500mila persone). A marzo decollerà il reddito: assegno a integrazione fino a 780 euro per un single, platea potenziale 5 milioni di soggetti. Per quest’ultima misura sono via via aumentati i paletti. Se ne contano sei. La condizionalità, vale a dire l’immediata disponibilità a lavorare del beneficiario. Le otto ore di impieghi in servizi di pubblica utilità. La partecipazione obbligatoria a corsi di formazione. La sottoscrizione del patto di servizio presso i centri per l’impiego. Il limite delle tre offerte congrue all’interno di distretti produttivi che non si potranno rifiutare. Il “tagliando”, vale a dire la verifica sul mantenimento dei requisiti, dopo 18 mesi di fruizione per averne altri 18. Lo strumento dovrebbe contrastare la povertà: secondo l’Istat, nel 2017, gli italiani a rischio di povertà ed esclusione sociale erano più di una su quattro, nonostante un calo dal 30% al 28,9% della popolazione. Il Reddito fungerà anche da politica attiva: ieri il ministero del Lavoro ha evidenziato come nel terzo trimestre 2018 ci siano state, nel tendenziale, 56.400 trasformazioni di contratti stabili in più. Un dato, per Di Maio, frutto del decreto dignità.

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