Previdenza

Sindacati dei militari solo per chi è in servizio permanente o in ausiliaria

di Saverio Fossati

Militari sindacalizzati: lo spauracchio di molti tradizionalisti ha preso corpo con la sentenza della Corte costituzionale 120/2018 del 14 giugno scorso, che ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’art. 1475, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), in quanto prevede che «I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali», invece di prevedere che «I militari possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge; non possono aderire ad altre associazioni sindacali».
La Difesa, quindi, si è attrezzata per integrare le disposizioni interne in materia di associazionismo tra militari, indicando specifiche condizioni per consentire l’avvio delle procedure di costituzione dei sindacati in grigioverde.
La circolare adottata dal ministero, a firma del Capo di Gabinetto, del 21 settembre 2018, prescrive le seguenti condizioni «soggettive, oggettive e funzionali»:
- divieto di avvalersi del diritto di sciopero;
- divieto di aderire o federarsi ad altre associazioni sindacali non militari;
- uso di una denominazione idonea ad evidenziare la natura di associazione professionale militare, sia pure a carattere sindacale, e che non richiami, in modo equivoco, sigle sindacali per le quali sussiste il divieto di adesione;
- adesione del solo personale militare in servizio e di quello in ausiliaria, quest’ultimo in quanto pienamente assoggettabile ad obblighi di servizio, destinatario di una specifica indennità per tale disponibilità e comunque soggetto a determinati vincoli dall’art. 994 del Com, che stabilisce come «Il militare in ausiliaria non può assumere impieghi, né rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti contrattuali con l’amministrazione militare. L’inosservanza di tale divieto comporta l’immediato passaggio nella categoria della riserva, con la perdita del trattamento economico previsto per la categoria dell’ausiliaria»;
- iscrizione del personale militare di qualsiasi ruolo e grado a tutela degli interessi di tutti gli iscritti, a prescindere dal ruolo di appartenenza;
- esclusione dalle competenze, o comunque dalle finalità statutarie, della trattazione delle materie attinenti a ordinamento, addestramento, operazioni, settore logistico-operativo, rapporto gerarchico-funzionale e impiego del personale;
- estraneità, anche solo in termini di partecipazione e sostegno, alle competizioni politiche e amministrative comunitarie, nazionali e territoriali di qualsivoglia livello e natura;
- rispetto del principio di democraticità delle Forze Armate ai sensi dell’articolo 52 della Costituzione, anche al fine di rendere effettiva la libertà di associazione riconosciuta, con particolare attenzione alla elettività delle cariche direttive, per le quali deve dunque essere prevista una durata temporale ben definita e la rieleggibilità solo dopo un adeguato periodo di tempo;
- osservanza del principio di neutralità delle Forze Armate ai sensi degli articoli 97 e 98 della Costituzione, valido per tutto il pubblico impiego e a maggior ragione per i Corpi deputati alla difesa della Patria;
- chiarezza inequivocabile riguardo alla struttura organizzativa, alle modalità di costituzione e di funzionamento nonché alle fonti di finanziamento, consistenti esclusivamente nei proventi delle deleghe connesse al versamento delle quote da parte degli associati;
- assenza di finalità lucrative e previsione di rendiconti patrimoniali annuali, con carattere di massima trasparenza e visibilità;
- rispetto dei principi di trasparenza e privacy, come dettati dall’ordinamento.
La II sezione del Consiglio di Stato, richiesta espressamente da parte della Difesa, è intervenuta con il parere n. 02756/2018 e data 23/11/2018 Spedizione, assunto nell’Adunanza di Sezione del 14 novembre 2018 ) su alcuni quesiti specifici riguardanti i contenuti della circolare. Ecco, in sintesi, le sue risposte.
1) Sulla questione della composizione delle associazioni, se debba essere circoscritta ai soli militari in servizio attivo, oppure ricomprendere anche quelli assoggettabili al servizio (militari in “ausiliaria” e in “riserva”), o finanche il personale in quiescenza (militari in “congedo”), il Consiglio di Stato ha risposto che «la limitazione ai militari in servizio attivo e in ausiliaria appare coerente alla natura delle associazioni e non contrasta con il principio di libertà di associazione».
2) Sulla possibilità di assolvere funzioni o ricoprire incarichi sia nelle associazioni sindacali che negli organismi della rappresentanza militare, la risposta è che «L’esclusione di un duplice ruolo, negli organi di rappresentanza e in quelli direttivi delle associazioni sindacali, è – a legislazione vigente – congrua e ragionevole, considerata la natura non sindacale degli organi di rappresentanza, costituti anzi in funzione integrativa delle determinazioni dell’Amministrazione sulle questioni d’interesse del personale. Essi sono sorti proprio per corrispondere in forma dialettica alla funzione propria delle associazioni sindacali, sia pure nella peculiarità e con i limiti di quelle tra militari. Mantenerli distinti serve ad evitare confusioni di ruoli e a preservare il ruolo appunto dialettico delle associazioni sindacali».
3) Sul non riconoscimento alle associazioni sindacali di un ruolo attivo nelle procedure di concertazione per il rinnovo dei contenuti del rapporto d’impiego del personale militare, nella considerazione che il sistema attuale non prevede un “accordo” tra parti contrapposte ma la “concertazione” di un provvedimento tra più componenti della stessa amministrazione, per il Consiglio di Stato «appare coerente, sia con la sentenza sia con i limiti già definiti dall’Amministrazione, prevedere e regolare, prima ancora di una soluzione legislativa anche sul punto, un metodo di interlocuzione - non di concertazione, propria invece degli organi di rappresentanza - che possa dare sostanza alle attività delle associazioni, altrimenti previste e regolate solo per la loro costituzione e per i limiti e gli impedimenti alla loro azione. Invece, vanno disciplinate in positivo le modalità di azione dialettica che salvaguardi gli scopi e la ragion d’essere delle associazioni sindacali, almeno nella forma minima delle consultazioni sulle questioni d’interesse; e ciò anche anche nelle more dell’intervento legislativo».
Infine, il supremo organo della Giustizia amministrativa ha evidenziato altri aspetti della circolare «che possono destare perplessità e dubbi».
Sono i seguenti:
- se da un lato sembra ragionevole escludere la possibilità di sindacati formati solo da categorie distinte per gradi della scala gerarchica militare, d’altra parte è meno comprensibile un divieto anche per categorie d’interesse professionale comune a tutti i gradi di un medesimo ruolo o di più ruoli con problematiche comuni;
- l’estraneità, anche solo in termini di partecipazione e sostegno, alle competizioni politiche e amministrative comunitarie, nazionali e territoriali di qualsivoglia livello e natura, è un limite appropriato e coerente alla giurisprudenza della Corte, ma formulato in modo non univoco, così da poter generare dubbi sul tipo di competizione: una formula più esatta e onnicomprensiva sarebbe quantomai auspicabile, considerato che si tratta di diritti particolarmente rilevanti e tenuto conto della recente sentenza del Consiglio di Stato (IV Sez. 5845/2017) concernente il diritto per i militari di iscriversi ai partiti politici;
- elettività delle cariche direttive, per le quali deve dunque essere prevista una durata temporale ben definita e la rieleggibilità solo dopo un adeguato periodo di tempo: il divieto di rieleggibilità, sembra di poter intendere di rieleggibilità immediata al termine di uno o più mandati, non sembra giustificato tanto dall’esigenza di garantire il carattere democratico delle associazioni, come indicato nel contesto, perché allo scopo corrisponde pienamente la natura elettiva delle cariche, quanto, piuttosto, da una possibile preoccupazione sulla formazione di un ceto sindacale sostanzialmente permanente, tale anche da sottrarre gli interessati al proprio servizio nella forma più compiuta e per periodi molto prolungati; sarebbe, in effetti, una preoccupazione fondata, ma ad essa si dovrebbe corrispondere con la legge, perché un tale limite imposto in via amministrativa potrebbe non essere compatibile con i principi dell’ordinamento e, in particolare, con il principio di libertà di organizzazione sindacale, di cui all’articolo 39, primo comma, della Costituzione, che può essere condizionato e limitato solo nella misura necessaria a garantire, in appropriato equilibrio, anche il rispetto degli altri valori tutelati dalla Costituzione e rilevanti nel caso in questione.

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