Previdenza

Operazione Poseidone, Inaredis scrive ai giudici del lavoro

di Matteo Prioschi


Una lettera aperta che sarà inviata a tutti i giudici del lavoro. Con tale documento Inaredis (sindacato degli ingegneri e architetti liberi professionisti e dipendenti) auspica che i giudici «continuino a giudicare con discernimento, rigore, consapevolezza come è accaduto prima delle sentenze» di Cassazione. Il riferimento è ad alcune delle decisioni prese dalla Suprema corte in merito all'operazione “Poseidone” messa in atto dall'Inps dal 2011 in poi.

L'istituto nazionale di previdenza, nella sostanza, chiede ad architetti e ingegneri che lavorano come dipendenti, ma anche svolgono attività libero professionale, di versare alla gestione separata i contributi previdenziali derivanti da quest'ultima attività. Secondo Inaredis la lettura delle norme fatta dalla Cassazione, che dà ragione all'Inps, non è corretta perché questi lavoratori già hanno una posizione contributiva obbligatoria derivante dall'attività svolta come dipendenti. Inoltre versano il 4% sul fatturato dell'attività libero professionale a Inarcassa quale contributo integrativo. Sempre secondo Inaredis, la legge 111/2011 ha chiarito che non si devono iscrivere alla gestione separata Inps i professionisti che versano alla propria cassa previdenziale senza fare differenza tra tipologie di contributo (soggettivo o integrativo).

Fatto sta che in primo e secondo grado i professionisti hanno visto prevalere quasi sempre le loro posizioni. Invece dalla fine del 2017 la Cassazione decide in modo differente, stabilendo l'obbligo di contribuzione alla gestione separata (si veda la sentenza 30345/2017) . Nella lettera aperta si legge che «nel caso in cui queste sentenze fossero confermate si evidenziano le gravissime conseguenze finanziarie cui Inarcassa sarebbe sottoposta: diventerebbe Ente previdenzialmente incompetente a pretendere alcunché dagli ingegneri e architetti anche dipendenti e dovrebbe quindi restituire il 4% finora percepito a tutti i propri immatricolati già titolari di Ivs presso altro Fondo, senza limiti prescrizionali».

In realtà con la sentenza 3913/2019, che vedeva opposti un professionista e Inarcassa, sempre la Cassazione ha stabilito che il professionista che è anche dipendente non può iscriversi alla Cassa, che il contributo del 4% è dovuto anche se non produce pensione, non è a carico del professionista ma del committente, e Inarcassa non è tenuta a restituirlo. Difficile, dunque, aprire un “fronte” anche nei confronti della Cassa di previdenza di ingegneri e architetti. Alla quale, in un documento di gennaio 2019, Inaredis ricorda di aver chiesto dal 2011 la creazione di una gestione separata “interna”.

Dalla Cassa si osserva che l'azione di Inaredis è volta a difendere professionisti dipendenti, che aspirano ad operare nel mercato concorrenziale coperti già dalle tutele del lavoro subordinato. Piccole o grandi che siano. «Registro con stupore – dichiara il presidente di Inarcassa Giuseppe Santoro – che dopo averle invocate a gran voce neanche le diverse sentenze della Corte di cassazione bastino a dare certezza nell'interpretazione della legge sugli adempimenti contributivi introdotti dalla legge 335 del 1995. Una duplice attività lavorativa, dipendente e libero professionale, per Inarcassa fino ad oggi non può che comportare l'assoggettamento dei relativi redditi al versamento contributivo alle rispettive gestioni previdenziali di riferimento: Gestione dipendenti Inps e Gestione separata Inps. Non ultima la sentenza 3913 pubblicata lo scorso 11 febbraio 2019. Su una Gestione separata Inarcassa per i professionisti dipendenti - aggiunge Santoro - oltre ad una norma di rango primario e la volontà del Comitato Nazionale, va chiarito che l'aliquota contributiva non potrebbe discostarsi dall'attuale versata alla Gestione separata dell'Inps».

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