Previdenza

«Troppi paletti, difficile assumere»

di Claudio Tucci

Lotta alla povertà e inserimento lavorativo sono due problemi distinti; e l’unico strumento rappresentato dal reddito di cittadinanza difficilmente riuscirà a dare risposte efficaci a entrambi. Non solo. Le aziende hanno finora avuto uno scarso rapporto con i centri per l’impiego; e anche l’incentivo, da 5 a 18 mensilità, introdotto a favore dei datori che assumono un percettore del sussidio prevede condizioni d’accesso oltremodo «restrittive» (tempo pieno e indeterminato, incremento occupazionale netto, de minimis, obbligo di comunicare le vacancies, solo per citarne alcune) che, difficilmente, favoriranno un aumento delle assunzioni.

Per le imprese, insomma, il reddito di cittadinanza va «corretto» ha sottolineato Giorgio Merletti, presidente di Rete Imprese Italia e di Confartigianato, in audizione ieri presso le commissioni riunite Lavoro e Affari Sociali di Montecitorio: «Da una parte serve rafforzare il meccanismo delle condizioni per ottenere il beneficio, dall’altra occorre rimuovere le rigidità previste per le assunzioni».

Il punto è che lo strumento, «proprio per l’eterogeneità dei fini perseguiti - aggiunge Pierangelo Albini, direttore dell’Area lavoro, welfare e capitale umano di Confindustria - non appare idoneo a favorire un reale incontro tra domanda e offerta. Le difficoltà del collocamento pubblico non saranno superate, anzi, temo che si aggraveranno. Avremo modo di evidenziarlo nella nota che Confindustria invierà alle commissioni della Camera».

Un altro nodo, sollevato sempre ieri in audizione, stavolta da Confagricoltura (rappresentata da Roberto Caponi) riguarda l’ulteriore requisito degli 858 euro “minimi”, introdotto in Senato, per definire un’offerta di lavoro congrua (e quindi non rifiutabile). Ebbene, la previsione, viene spiegato, «mette fuori gioco il lavoro part time e stagionale» e «può creare problemi al settore agricolo».

Quanto ai navigator, vale a dire i 6mila coach che dovrebbero aiutare i percettore del reddito di cittadinanza a reinserirsi, sono i sindacati, Cgil, Cisl e Uil, a suonare il campanello d’allarme: «Il conflitto tra Stato e Regioni su una materia concorrente, come le politiche attive – hanno evidenziato in coro– rischia di impattare negativamente sulla buona riuscita dei percorsi di accompagnamento verso l’occupazione».

Assolavoro invece allarga il tiro, e chiede un ripensamento anche sul decreto dignità: «Da luglio a dicembre 2018 ci sono 39mila persone in meno occupate attraverso le agenzie per il lavoro – ha dichiarato il dg Agostino Di Maio –. Il contestuale aumento del lavoro a chiamata (+15mila unità nello stesso periodo) e del lavoro occasionale (+50mila lo scorso anno) confermano come le persone con maggiori competenze sono state stabilizzate prima, mentre chi ha una professionalità meno elevata è scivolato verso forme meno tutelate di impiego o verso la disoccupazione. Da qui la necessità di rivedere le causali per il lavoro in somministrazione che hanno come unico effetto quello di scoraggiare l’utilizzo della forma di flessibilità con maggiori tutele per il lavoratore».

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