Previdenza

Così si rischia di ottenere effetti contrari e disparità

di Alessandro Rota Porta

La connotazione dell’offerta di lavoro congrua, così come definita ai fini della percezione del reddito di cittadinanza, rischia di sortire effetti contrari all’obiettivo di politica attiva che dovrebbe sottendere la misura in esame e, altresì, di creare situazioni di disparità rispetto alla fruizione
di altri aiuti.

I beneficiari del nuovo «reddito» sono tenuti ad accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue, secondo i dettami del Dlgs 150/2015. Ma non solo. Il Dl 4 ha previsto ulteriori accezioni che impongono l’accettazione di un’offerta lavorativa: entrano in gioco la distanza del potenziale luogo di lavoro, l’arco temporale di fruizione del beneficio (a seconda del numero di offerte ricevute oppure se si tratti di rinnovo del medesimo) e - se l’emendamento approvato sarà confermato in sede di conversione in legge del provvedimento - la retribuzione mensile, che non dovrà essere inferiore a 858 euro.

L’introduzione di questa soglia minima crea alcune perplessità. Ad esempio nel settore agricolo oppure per l’apprendistato: il beneficiario sarà così libero di rifiutare un impiego con contratto di bracciante agricolo di 12 mesi oppure un rapporto di lavoro in apprendistato professionalizzante presso un centro estetico, poiché le retribuzioni risultano inferiori al tetto minimo individuato dalla norma. Ma la stortura rischia di mettere all’angolo anche altre opportunità lavorative perché, al dì là del profilo economico, non rivestono i requisiti contrattuali richiesti: può accadere per i part-time (con orario inferiore all’80% di quello dell’ultimo contratto) o i contratti a chiamata, molto utilizzati in ambito stagionale.

Il quadro si complica ulteriormente, allargando l’analisi alle differenti definizioni di offerta congrua oggi vigenti nei confronti dei disoccupati che siano percettori di misure di sostegno al reddito oppure di altri sussidi diversi dal reddito di cittadinanza. Si pensi alla Naspi, l’indennità di disoccupazione, la cui condizionalità resta regolata da principi differenti rispetto a quelli introdotti per il nuovo sussidio. Insomma, il rischio è quello di creare una babele di regole e di allontanare la meta di un sistema di politiche attive efficace
ed efficiente.

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