Previdenza

L’altra faccia delle pensioni

di Aldo Bottini e Emanuela Nespoli

Anticipo pensionistico, quota 100, Rita, isopensione. Sono diversi gli strumenti, di natura individuale o collettiva, a disposizione dei responsabili delle risorse umane per gestire situazioni di esubero ovvero attuare politiche di “staffetta generazionale”. Si tratta di individuare, caso per caso, le soluzioni che si adattano meglio alle esigenze dell’azienda tenuto conto, per esempio, del numero di dipendenti che si vuole accompagnare alla pensione, dei costi che si è disposti a sostenere, della volontà o necessità di coinvolgere le organizzazioni sindacali.

Tra le misure che possono entrare a far parte di una trattativa con il singolo dipendente, figura in particolare l’Ape (anticipo pensionistico) che si declina nelle versioni volontario, aziendale e sociale. L’Ape volontario offre al lavoratore con più di 63 anni la possibilità di ottenere un prestito che viene erogato nel periodo intercorrente sino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia e che verrà poi restituito mediante una trattenuta mensile della pensione. L’impatto della decurtazione potrà essere ridotto (o anche annullato) attraverso un contributo che il datore di lavoro può versare, nell’ambito di un accordo individuale, per accrescere il montante contributivo del dipendente e, conseguentemente, l’importo dell’assegno mensile che il lavoratore riceverà una volta raggiunti i requisiti pensionistici. In quest’ultimo caso si parla di Ape aziendale.

Diversa natura ha invece l’Ape sociale, che rappresenta una indennità a carico dello Stato, erogata subordinatamente alla cessazione del rapporto di lavoro, nel periodo intercorrente sino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia. Possibili beneficiari sono i lavoratori ultra sessantatreenni, che si trovino in una delle condizioni previste dalla legge. Tra queste, aver svolto mansioni gravose nell’ultimo periodo di vita lavorativa. Dunque l’azienda può agevolare l’accesso all’Ape sociale dei dipendenti individuando quanti hanno i requisiti richiesti.

A questi strumenti si aggiungono le ulteriori ipotesi di pensionamento anticipato introdotte o estese dal decreto legge 4/2019, in particolare ci riferiamo alla “opzione donna” e a quota 100. Tutti questi strumenti, però, presuppongono una scelta del singolo lavoratore e quindi non possono essere imposti dal datore di lavoro, che tuttavia potrà promuoverne l’utilizzo nell'ambito di accordi individuali che prevedano la cessazione del rapporto di lavoro. In altre parole, il datore di lavoro può incentivare il dipendente ad avvalersi di queste possibilità di uscita anticipata attraverso la corresponsione di un incentivo, ovvero, laddove previsto (Ape aziendale), attraverso un versamento diretto all’Inps che incrementi il montante pensionistico per “sterilizzare” la decurtazione della futura pensione.

Discorso analogo riguarda la rendita integrativa temporanea anticipata (Rita), che è uno “scivolo” verso la pensione costituito da una rendita (fino a 5 anni) alimentata dai contributi accantonati dal lavoratore per la pensione complementare, con l’idea di avere una integrazione alla pensione pubblica. Anche in questo caso l’azienda può “mettere sul piatto” un incentivo all’esodo che compensi almeno in parte l’utilizzo del montante accumulato dal lavoratore , utilizzo che comporterà una riduzione della pensione complementare. Ma soprattutto, Rita è una via d’uscita da costruire nel lungo periodo, favorendo l’adesione dei dipendenti alla previdenza integrativa.

Vi sono poi altri strumenti che possono essere utilizzati per la medesima finalità, ma che richiedono un accordo sindacale. Anzitutto l’isopensione che consente ai dipendenti di cessare il rapporto di lavoro con un massimo di 4 anni (limite esteso a 7 anni nel triennio 2018-2020) di anticipo rispetto alla maturazione dei requisiti di pensione anticipata o di vecchiaia e di ricevere un’indennità, con relativa contribuzione figurativa, a carico del datore di lavoro, sino al raggiungimento dei requisiti pensionistici. Inoltre spazi sempre più ampi di intervento vengono riconosciuti ai fondi di settore (si veda l’altro articolo in pagina).

Insomma, esiste oggi una pluralità di strumenti che possono essere utilizzati per agevolare le uscite del personale e favorire anche il ricambio generazionale, che combinino supporto pubblico e privato e superino la classica impostazione di uscite incentivate solo attraverso la corresponsione di una somma di denaro.

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