Previdenza

E senza nuove crisi il costo sale al 18% del Pil nel 2040

di D.Col. e M.Rog.

Tra vent’anni, dopodomani in termini previdenziali, la gobba della spesa pensionistica toccherà il suo Zenit superando il 18% del Pil. Era al 14,8% nel 2010, alla vigilia della riforma varata dal governo Monti per placare la sfiducia dei mercati finanziari. Con quell’intervento, firmato dalla ministra Elsa Fornero, il trend venne congelato, tanto è vero che l’anno scorso il livello era attorno al 15%. Già da qualche anno l’Italia era uscita dalle raccomandazioni della Commissione europea sulla previdenza perché l’insieme delle riforme messe in campo dopo il passaggio al contributivo dai ministri Maroni, Damiano e Sacconi erano state ritenute comunque «sostenibili». La Germania, in quegli anni, ha continuato a ricevere raccomandazioni sulla spesa previdenziale nonostante il suo debito/Pil corresse su una traiettoria verso il 60%, raggiunto l’anno scorso.

Il 18% cui stiamo tendendo secondo gli Scenari di lungo periodo allegati al Def(18,3% per la precisione, che diventa 18,4% nel 2042) è legato a diverse dinamiche. Come si legge nel documento c’è un calo congiunturale a breve che coincide anche con il maggior numero di pensionamenti «come conseguenza delle misure previste» dal decretone su “quota 100” e reddito di cittadinanza.

Poi ci sono le dinamiche di trend. La prima è demografica, visto che nelle prossime due decadi si ritireranno dal mercato i baby boomers, coorti di lavoratori di dimensioni doppie rispetto a quelle di chi oggi trova il suo primo impiego. La seconda è macroeconomica, e scommette sul fatto che il Pil continui a crescere negli anni a venire grazie alla nuova occupazione e a una produttività totale dei fattori a sua volta in miglioramento.

Uno scenario ottimistico, visto come è andata nei vent’anni che abbiamo alle spalle, quelli della moneta unica. Dall’inizio del secolo la crescita cumulata dell’Italia è stata del 2,8%, contro il 22,2% dell’Eurozona o il 27,1% dell’Ue a 28. La variazione media annua del Pil nazionale nei 18 anni passati è oscillata attorno allo 0,2%, contro l’1,2-1,4% dell’Europa. Una sfida ancor più difficile da vincere se si tiene conto del fatto che nell’Italia del 2040 il tasso di dipendenza degli anziani (ovvero la percentuale di over 65enni rispetto a quella dei cittadini in età da lavoro, tra i 20 e i 64 anni) sarà del 61,8%. Mentre nel 2045 salirà al 66,3%, un tasso doppio rispetto a quello registrato nel 2010.

Il livello della spesa per pensioni sarà già l’anno prossimo un punto di Pil più in alto rispetto al 2010 (15,8%) e salirebbe di un altro punto nel decennio successivo. Sempre, vale ribadirlo, con un Pil nominale mai in decrescita. Nello stesso frangente come si muovono le altre spese rilevanti per una popolazione che invecchia? Vediamole insieme: la spesa socio-sanitaria per gli anziani non autosufficienti (Ltc) praticamente non varia nel prossimo quarant’anni. Era allo 0,8% del Pil nel 2010, sarà allo 0,9% nel 2045. La spesa sanitaria complessiva addirittura scende dal 7,1% del 2010 al 6,9 del 2030, e non andando comunque oltre il 7,6% nel 2045.

Vediamo anche come andrà la spesa per i giovani nei prossimi decenni. Quella per istruzione cala: dal 3,9% del 2010 al 3,1 del 2040, per poi risalire al 3,3% nel 2045. Solo per memoria ricordiamo che in questi anni di nuova programmazione di bilancio la spesa per l’istruzione è sempre prevista al di sotto di quella per gli interessi sul debito pubblico. Negli scenari di lungo periodo non si trascura l’andamento degli oneri per interessi: si passa dal 4,3% del 2010 al 7% del 2040. Come andrà, invece, la spesa per gli ammortizzatori sociali? Pianissimo: oscillerà tra lo 0,7% del 2010 allo 0,6% del Pil del 2045.

Nel medio lungo periodo, in una società che invecchia con una spesa pensionistica già molto elevata, la spesa pubblica nel suo insieme è destinata a collocarsi stabilmente sopra la soglia del 50% del prodotto. Anche se per il 2020 è previsto un calo al 49,1% dal 50,3% del 2015. Nonostante le promesse di maxi spending review annunciate, dal 2025 in avanti si torna al 50% e non si scende più fino alla fine del periodo di previsione, per ora il 2070.

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