Previdenza

Consulta: sì alla liquidazione a rate per i dipendenti statali in quota 100

di Davide Colombo e Marco Rogari

Il pagamento differito e a rate della liquidazione ai dipendenti pubblici che vanno in pensione anticipata, compresa “Quota 100”, «non è irragionevole». Lo ha deciso la Corte costituzionale, riunita ieri in camera di consiglio per discutere le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Roma. Sentenza e motivazioni (relatrice la giudice Silvana Sciarra) verranno depositate entro un mese. Come anticipato dalla Consulta, restano «impregiudicate le questioni sul pagamento delle indennità nel termine di 12 mesi e sulle relative rateizzazioni, per i pensionati che hanno raggiunto i limiti massimi di età o di servizio». Il che significa che sul differimento del Tfr per le pensioni di vecchiaia la questione resta aperta. La decisione riguarda la legge del 2013 che ha stabilito il pagamento entro 12 mesi dalla fine del rapporto di lavoro del Tfs per le liquidazioni non superiore a 50mila euro, con differimenti di altri 12 mesi per le quote fino a 100mila euro e di altri 12 mesi in caso di quote superiori a quest’ultima soglia. Secondo stime Inps citate dall’avvocato Antonio Mirra al termine dell’udienza, dove è intervenuto per conto del sindacato Confsal Unsa e della ricorrente Amelia Capilli, in caso di pronuncia favorevole il costo per lo Stato avrebbe toccato i 9 miliardi solo nel primo anno.

Massimo Battaglia, segretario generale del sindacato Unsa-Confsal, ha detto: «Non siamo certo contenti dell’esito ma siamo comunque orgogliosi di aver posto un problema costituzionale che riguarda tutto il mondo pubblico».

La decisione della Consulta toglie un’incognita di non piccola portata al quadro di finanza pubblica con cui deve fare i conti il governo, e arriva a pochi mesi dalla prima verifica di impatto di “quota 100” sui pensionamenti del pubblico impiego. Sulla base dei dati comunicati finora da Inps, l’attesa è per la liquidazione i primi di agosto di circa 10.300 pensioni anticipate, mentre all’inizio di settembre partirebbero i pagamenti per circa 50mila dipendenti del comparto scuola.

Come si ricorderà il decretone ha introdotto la possibilità per tutti i dipendenti pubblici che andranno in pensione da quest’anno di anticipare (rispetto al pagamento al compimento dei 67 anni) fino a 45mila euro di Tfs tramite un anticipo bancario da definire con una convenzione Abi-Mef ancora non perfezionata. Il decreto convertito in legge prevede per i lavoratori che accedono a “quota 100”, e per quelli che hanno cessato il servizio prima del 30 gennaio 2019, la possibilità di richiedere apposite certificazioni all’Inps per presentare una richiesta di finanziamento bancario a tasso agevolato. Il finanziamento e gli interessi saranno restituiti integralmente a valere sull’indennità di fine servizio in favore della banca. E l’eventuale eccedenza, rispetto a quanto chiesto in anticipo dal pensionato, sarà corrisposta direttamente all’interessato. Inps è soggetto garante che certifica i requisiti per il finanziamento-ponte: prima di rilasciare la certificazione, verificherà l’esposizione debitoria del lavoratore. Per abbattere i costi degli interessi è poi prevista una detassazione del Tfs che cresce con il crescere del tempo trascorso tra la data di cessazione e quella del pagamento dell’indennità. La detassazione è pari all’1,50% ogni 12 mesi di ritardo fino a un massimo del 7,50% per le indennità corrisposte dopo 60 mesi. Nel caso di cessazione già avvenuta al 1° gennaio 2019, il conteggio degli anni avverrà da tale data.

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