Previdenza

Assegno di ricollocazione con verifica aggiuntiva

di Gianni Bocchieri e Matteo Prioschi

Decorsi 30 giorni dal primo accredito del reddito di cittadinanza (Rdc), i beneficiari disoccupati da non più di due anni o di età inferiore a 29 anni, i beneficiari di Naspi o di altro ammortizzatore sociale e coloro che ne abbiano terminato la fruizione da non più di un anno, oppure chi negli ultimi due anni ha sottoscritto il patto di servizio con i centri per l’impiego (Cpi), avrebbero dovuto ricevere automaticamente dall’Anpal l’assegno di ricollocazione per fruire di un servizio di assistenza intensiva all’inserimento lavorativo. Invece la delibera 5/2019 dell’Agenzia per le politiche attive (Anpal) prevede un ulteriore preventivo passaggio al Cpi.

Diversamente da quanto indicato nel decreto legge 4/2019, la delibera dispone che il centro per l’impiego territorialmente competente convochi il beneficiario di Rdc per accertarsi della sussistenza di eventuali condizioni di esonero o di esclusione degli obblighi, oltre che per verificare se il soggetto sia effettivamente tenuto alla stipula del patto per il lavoro. Il Cpi deve comunicare all’Anpal che può erogare l’assegno di ricollocazione (Adr) non oltre i 60 giorni dal riconoscimento del reddito. In assenza di questa comunicazione, l’Adr è comunque rilasciato da Anpal, ma per il centro inadempiente scatta una sorta di commissariamento con l’attivazione dell’assistenza tecnica di Anpal servizi, al fine di facilitare il corretto rispetto delle procedure.

L’assegno si compone sostanzialmente di due servizi che devono essere valorizzati nel “programma di ricerca intensiva” da sottoscrivere entro quattordici giorni dal primo appuntamento.

Il primo riguarda l’assistenza alla persona in tutte le attività necessarie alla sua ricollocazione, attraverso l’assegnazione di un tutor, la definizione e condivisione di un programma personalizzato per la ricerca attiva di lavoro. Durante il periodo di erogazione del servizio di ricerca dell’impiego, il soggetto erogatore è tenuto a inserire nel portale ogni offerta di lavoro presentata al destinatario, a prescindere dalla sua congruità e anche qualora il rapporto di lavoro previsto non faccia scattare il riconoscimento dell’assegno di ricollocazione.

Il secondo servizio è quello di ricerca intensiva di opportunità occupazionali. Nel caso in cui l’attività di assistenza si concluda con un’assunzione, ai Cpi e ai soggetti accreditati sia a livello nazionale, sia regionale spetta un rimborso variabile da 1.000 a 5.000 euro per ogni contratto a tempo indeterminato, in base al profilo personale di occupabilità del beneficiario. Questi importi si dimezzano nel caso di contratti a tempo determinato di almeno sei mesi, comprensivi di proroghe, e si riducono a 250-1.250 euro per contratti di tre mesi attivabili nelle sole Regioni “meno sviluppate” (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia).

Se non viene raggiunto un risultato occupazionale, agli operatori spetta solo una «fee4services» pari a 106,50 euro (secondo la delibera 5/2019 l’importo corrisponde a 3 ore di attività), per un numero di ore massimo pari a nove volte il numero di persone ricollocate. Quindi, per esempio, a fronte di una persona ricollocata si può ottenere un massimo di 3 “rimborsi” da 3 ore ciascuno a fronte di 9 o più individui rimasti disoccupati.

Inoltre le modalità attuative non realizzano quel giusto mix di attività rimborsate “a processo” e “a risultato” occupazionale ottenuto, mantenendo sostanzialmente inalterata la scelta di legare le fee4services almeno a un certo numero di inserimenti lavorativi che ha già condizionato i primi scarsi risultati dell’Adr.

Quanto alle possibilità di successo dell’attività di ricollocazione, ai fini delle coperture finanziarie degli assegni erogati, la delibera ipotizza un tasso del 25 per cento.

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