Previdenza

Dipendenti pubblici: opzione per disapplicare il massimale e domanda di riscatto

di Pietro Gremigni

Nei confronti dei dipendenti pubblici che hanno esercitato l'opzione per disapplicare il massimale contributivo, l'eventuale successiva adesione a fondi pensione compartecipati dal datore di lavoro, comporterà nuovamente l'applicazione del massimale stesso.
È questa una delle precisazioni fornite dall'Inps con il messaggio 25 luglio 2019, n. 2847, in merito all'esercizio della facoltà di disapplicare il massimale contributivo introdotto dall'art. 21 della legge 26/2019.
La predetta norma prevede che i dipendenti pubblici iscritti alla previdenza pubblica dal 1996 in avanti, operanti in settori in cui non risultano attivati fondi pensione complementari compartecipate dal datore di lavoro, possono scegliere di non essere assoggettati al massimale contributivo entro 6 mesi.
L'esclusione della facoltà di disapplicare il massimale riguarda anche le amministrazioni datrici di lavoro che, senza attivare alcuna forma di previdenza complementare, abbiano però istituito forme di previdenza per il proprio personale, con una quota di contribuzione a proprio carico.
Riscatto periodi ante 1996 – La parte più interessante del messaggio riguarda i rapporti ra questa nuova forma di esonero dal massimale con le operazioni di riscatto.
Infatti riguardo al riscatto o alla valorizzazione figurativa di periodi precedenti il 1996 che determinano l'acquisizione dello status di "vecchio iscritto" non tenuto ad applicare il massimale contributivo, il nuovo messaggio dell'Inps precisa quanto segue: il lavoratore che abbia già presentato una domanda di riscatto ancora in lavorazione ovvero che non abbia ancora provveduto al pagamento di almeno una rata del relativo onere in caso di riscatto, può comunque esercitare l'opzione di cui all'articolo 21 del D.L. n. 4/2019 conv. nella legge 26/2019. L'esercizio dell'opzione non può essere interpretato come rinuncia alla domanda di riscatto in corso e le due richieste sono compatibili e indipendenti.
In questa situazione nel caso di revoca della domanda di riscatto o di mancato pagamento della prima rata di onere, il lavoratore, pur tornando ad essere nuovamente un "nuovo iscritto", ha comunque diritto alla disapplicazione del massimale dal periodo retributivo successivo, in forza dell'altra richiesta di opzione. Qualora tra la domanda di riscatto e la revoca della stessa, siano state versate contribuzioni in eccedenza rispetto al massimale, queste potranno essere rimborsate sempreché non siano trascorsi i dieci anni previsti per il decorso della prescrizione.
Riconoscimento di periodi ante 1996 dopo l'opzione – In caso contrario, cioè di esercizio dell'opzione prevista dall'articolo 21 citato e di un'eventuale successiva presentazione di domande di valorizzare periodi antecedenti al 1° gennaio 1996, non ci sono preclusioni o incompatibilità. Ciò non produce effetti pratici, dato che il massimale è già disapplicato in forza della richiesta di opzione ma l'eventuale annullamento di quest'ultima domanda, potrà dare efficacia alla domanda di valorizzazione dei periodi ante 1996 con il conseguente effetto pratico di disapplicazione del massimale in quanto "vecchio iscritto".

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