Previdenza

Ipotesi di deroghe al minimale contributivo, sospensioni concordate nelle imprese edili

di Silvano Imbriaci

Nel nostro ordinamento il principio della inderogabilità dell'obbligazione contributiva, per la sua finalità e natura pubblicistica, rende tassative le ipotesi in cui legittimamente è possibile l'esonero, totale o parziale.
Negli ultimi tempi la giurisprudenza della Cassazione è tornata ad occuparsi delle deroghe al principio in alcuni settori nei quali storicamente le questioni si sono più spesso riproposte, come quello delle imprese edili. In questo ambito, l'articolo 29 del Dl n. 244/1995, convertito in legge n. 341/1995 impone l'assolvimento degli obblighi contributivi sulla retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all'orario di lavoro normale stabilito dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, con esclusione di alcune ipotesi di assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa con intervento della cassa integrazione guadagni o di altri eventi indennizzati.
La norma consente l'individuazione di altri eventi in deroga con decreto ministeriale, restando ferme le disposizioni in materia di retribuzione imponibile e di minimale di retribuzione a fini contributivi (articolo 1, Dl n. 338/1989).
Nel settore edile il Dm 16 dicembre 1996 ha introdotto alcune ipotesi esonerative dell'obbligo, quali i permessi individuali non retribuiti nel limite massimo di 40 ore, anticipazioni a titolo di Cig, periodi di assenze dal lavoro per ferie collettive, o per frequentazione di corsi di formazione professionale. La giurisprudenza ha sempre affermato il carattere tassativo delle deroghe, soprattutto a fronte di una riduzione di attività con parziale retribuzione, ribadendo il principio per cui l'obbligo retributivo rimane intatto a fronte di sospensioni semplicemente disposte e/o concordate tra le parti.
Negli ultimi tempi, tuttavia, l'interpretazione ha visto una serie di correzioni che, pur rimanendo nel solco di quest'orientamento, ne hanno dato una lettura per così dire maggiormente aggiornata.
Ad esempio la Cassazione n. 1577/2013, affermando che l'elencazione delle deroghe ha carattere tassativo, ha tuttavia aggiunto che, sulla base di un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma delle ipotesi di intervento della Cig, possono essere ricomprese in quest'ambito anche le ipotesi di sospensioni significativamente e oggettivamente rilevabili dal rapporto di lavoro. Prevale, dunque, un criterio di analogia nel trattamento normativo di situazioni uguali e di ragionevolezza nella possibile interpretazione estensiva anche delle norme tassative.
La questione, dunque, non attiene tanto alla sospensione dell'obbligazione contributiva in sé, quanto alle modalità e forme di pubblicità di tali ipotesi di sospensione (formalizzazione) in modo da consentirne un adeguato controllo, così come accade nelle ipotesi di integrazione salariale (ad esempio, la Cassazione n. 12624/2008). Tutte le forme di assenze le quali risultano accomunate dal fatto che è la stessa legge ad imporre al datore di lavoro di sospendere il rapporto non possono non essere trattate allo stesso modo.
Ove la sospensione del rapporto derivi da una libera scelta del datore di lavoro e costituisca il risultato di un accordo delle parti, continua a permanere intatto l'obbligo contributivo.
Ma ciò non accade nelle ipotesi di esenzione dall'obbligo del minimale contributivo in edilizia (di cui all'articolo 29 cit.) tra le quali rientrano anche le sospensioni dell'attività aziendale, non importa se o con intervento della Cig, purché siano preventivamente comunicate agli enti previdenziali, in modo da consentirne gli opportuni controlli. Si possono dunque definire come forme di sospensione dell'attività aziendale per motivi oggettivi e non soggettivi (consensuali).
Il decreto ministeriale del 1996, che disciplina la deroga all'obbligo del minimale per i permessi retribuiti non eccedenti le 40 ore, da questo punto di vista costituisce una legittima estensione della disciplina e delle ipotesi contemplate nell'articolo 29, tanto è vero che per le ore eccedenti il limite di 40 torna ad applicarsi il divieto di esonero dal minimale.
In altre parole è solo la legge (o la norma attuativa da essa consentita o prevista) che può legittimamente fondare le ipotesi di esonero, a nulla rilevando eventuali ipotesi di esonero concordate e recepite a livello contrattuale o anche in circolari o prassi Inps.
Dunque, secondo queste recenti interpretazioni della cassazione (vedi Cass. n. 4690/2019) anche se il ccnl del settore edilizia preveda ipotesi di permessi non retribuiti per un certo periodo di tempo, tali disposizioni non possono costituire alcuna ipotesi ulteriore rispetto a quelle tassative indicate, per legittimare l'esclusione dalla regola del minimale contributivo.
Un accordo anche implicito tra le parti, sotto questo profilo, non è sufficiente ad introdurre deroghe all'obbligo contributivo se non nei limiti individuati dall'articolo 29 citato o dal Dm di attuazione.

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