Previdenza

Marelli, la gestione giapponese parte con la Cig per 910 persone

di Ilaria Vesentini

Marelli apre la cassa integrazione ordinaria per 910 dipendenti (su 1.150) dei due stabilimenti emiliani, Bologna e Crevalcore. Se per la fabbrica di collettori nella campagna padana la richiesta degli ammortizzatori era nell’aria – data la crisi del mercato automotive – la notizia di uno stop per il sito nel capoluogo, centro R&S di tutto il gruppo per il controllo motore, è un segnale che getta allarme non solo tra i sindacati ma anche tra gli 800 lavoratori, di cui 350 ingegneri. A sei mesi dalla fusione italo-nipponica tra Calsonic Kansei e Magneti Marelli, che ha dato vita a un colosso mondiale della componentistica automotive da 62mila dipendenti in 170 fra stabilimenti e centri di ricerca in Europa, Giappone, America e Asia «è preoccupante che l’azienda abbia sempre lavorato sotto traccia, senza mai lasciar trapelare nulla di un piano di investimento, di strategie industriali a medio-lungo termine e che il primo segnale ufficiale alle controparti sindacali sia la richiesta di aprire la Cig, per di più coinvolgendo i cervelli, quelli che dovrebbero costruire la Marelli del futuro» sottolinea Michele Bulgarelli, segretario generale della Fiom Cgil di Bologna, sindacato ancora escluso dalla contrattazione, anche dopo l’uscita di Magneti Marelli dalla holding Fca. La richiesta di Cigo – la cui intensità sarà definita nei prossimi esami congiunti – avanzata da Marelli riguarda 13 settimane complessive di stop, dal 28 ottobre fino a dicembre-gennaio, e toccherà operai, impiegati e quadri: 280 lavoratori rispetto ai 350 attuali occupati nel sito produttivo di Crevalcore (nel reparto produttivo plastica dei collettori) e 630 lavoratori sui circa 800 di Bologna, esclusi solo coloro che lavorano nella parte motorsport e motore elettrico. «Contemporaneamente sono stati non confermati una trentina di contratti di somministrazione a Crevalcore, mentre a Bologna l’azienda si era già alleggerita di un centinaio di profili, consulenti inclusi, attraverso uscite incentivate», precisa Simone Selmi delle tute blu Cgil, le prime ieri a rilanciare la notizia degli ammortizzatori e chiedendo da subito alla proprietà «trasparenza, rotazione, maturazione degli istituti contrattuali indiretti e un’equa redistribuzione degli scarichi lavorativi». A inizio anno la crisi e la scure degli ammortizzatori erano già scesi sul quartier generale Magneti Marelli di Corbetta, alle porte di Milano, con una cassa integrazione a zero ore per i 700 dipendenti e lo stop totale della produzione. E come in Lombardia e come tante altre volte nella storia recente del settore automotive, anche in Emilia la richiesta di Cigo – fa sapere Marelli – è da leggere solo come misura ordinaria per adeguare i flussi produttivi alla riduzione degli ordini, che non coinvolge solo la componentistica ma anche i progetti dei clienti, e rallentamento quindi di conseguenza anche le attività degli ingegneri deputati alla ricerca e sviluppo. A prescindere dalla bandiera della proprietà. Così come – spiega ancora l’azienda – l’integrazione tra due giganti quali Calsonic e Magneti Marelli è un processo talmente complesso che è fisiologico non si completi in pochi mesi. «Sulla richiesta di Cigo aperta a Bologna avremo un incontro con l’azienda all’inizio della prossima settimana – anticipa Massimo Mazzeo della Fim Cisl dell’Area metropolitana bolognese – mentre sulla situazione di Crevalcore abbiamo avuto oggi (ieri per chi legge, ndr) un incontro esaustivo in cui ci è stata spiegata chiaramente la richiesta di ammortizzatori per 280 addetti sui 350 complessivi, richiesta che non tocca il reparto fonderia dei corpi farfallati in alluminio, dove invece la produzione sta crescendo. Per i collettori diesel e benzina da qui a dicembre si prevedono cali degli ordini anche del 50% (si parla di 24mila pezzi in meno) a causa della minore richiesta da parte degli stabilimenti Fca di Pratola Serra e Termoli, anch’essi in cassa integrazione in dicembre».

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