Previdenza

Pensioni, 364mila uscite anticipate dopo la Fornero

di Davide Colombo

Nei sette anni e mezzo trascorsi dalla riforma Fornero le diverse forme di flessibilità messe in campo dai governi che si sono succeduti hanno consentito un pensionamento agevolato a 364mila lavoratori, poco più del 16% del totale dei pensionamenti di vecchiaia e anzianità registrati tra il 2012 e il primo semestre del 2019 (circa 2,2 milioni se si escludono le invalidità e i superstiti). Questi maggiori flussi in uscita hanno innescato 17 miliardi di maggiore spesa a carico della fiscalità generale e hanno avuto come capofila i cosiddetti «esodati», un plotone di 130.185 lavoratori che hanno ottenuto l’anticipo grazie a otto provvedimenti di salvaguardia (costo 8,3 miliardi).

Il “film”, per usare la metafora scelta ieri dal presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’Inps, Guglielmo Loy, nella presentazione del Rendiconto sociale 2018, è cambiato quando, con l’ultimo fotogramma, è stata inquadrata “Quota 100”. Nel suo primo anno di sperimentazione il pensionamento a 62 anni con 38 di contributi minimi ha garantito un’uscita agevolata a quasi 95mila lavoratori del solo settore privato (su 154.114 domande presentate a fine giugno), ben più di tutti coloro che, con requisiti assai più rigidi nonostante le condizioni socio-economiche di svantaggio, sono riusciti negli ultimi anni a ottenere un anticipo con l’Ape sociale o con Opzione donna. Queste due misure hanno infatti assicurato il pensionamento anticipato a circa 89mila lavoratori. Per pareggiare con “Quota 100” bisogna aggiungere i 6.861 che hanno optato per l’Ape volontario, ovvero il finanziamento bancario ponte per il pensionamento anticipato che non ha alcun onere per lo Stato e che scadrà quest’anno, se in fase di conversione del disegno di legge di Bilancio non verrà salvato.

Loy ha parlato di «un quadro più completo della complessa questione della flessibilità in uscita» auspicando che istituzioni e parti sociali possano ora «proporre con raziocinio nuove innovazioni normative». Il riferimento è ai tavoli di confronto sulle pensioni previsti in legge di Bilancio e alle proroghe, per ora minimal, di Ape sociale Opzione donna per un altro anno. “Quota 100” nel suo primo anno e nonostante le basse adesioni ha innescato 4,5 miliardi di maggiore spesa e se confermata nel prossimo biennio supererà di sicuro i numeri delle salvaguardie. Incrociando i dati delle pensioni liquidate a partire da aprile con le dichiarazioni fiscali, l’analisi presentata dal Civ prende in esame le condizioni lavorative e reddituali alla vigilia del pensionamento. Ne risulta che solo il 27,1% delle pensioni “Quota 100” sono andate a lavoratori in condizioni di difficoltà (disoccupazione, cassa integrazione, eccetera), mentre Opzione donna ha aiutato il 53% delle lavoratrici in difficoltà e le domande di Ape sociale sono arrivate nel 65,5% dei casi da disoccupati, seguiti da lavoratori in condizioni di parziale invalidità (21%). Per l’Ape sociale a fronte di 2,6 miliardi di spesa stanziata per il periodo 2017-2024, si prevede un utilizzo fino a 2,2 miliardi: nel 2018 non sono stati spesi 197 milioni rispetto alle attese, e quest’anno 52 milioni «residui – dice il Civ – che possono consentire una proroga e un miglioramento di questo strumento».

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