Previdenza

Pensioni, nel 2020 rivalutazione all’1,1% poi discesa allo 0,4%

di Davide Colombo

A gennaio le pensioni degli italiani saranno rivalutate dell’1,1%, sulla base del tasso di inflazione del 2019 (variazione dell’indice generale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati al netto dei tabacchi; il Foi) comunicato dall’Istat, mentre per l’anno venturo la prima stima è dello 0,4%. Lo prevede il decreto predisposto dal ministero del Lavoro insieme con il ministero dell’Economia che dovrebbe essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale entro il 20 novembre (il termine è nella legge 41/1986). La variazione dei prezzi prevista in via preliminare per il 2020 rappresenta un nuovo minimo degli ultimi quattro anni, dopo il tasso zero del 2017 e il -0,1% registrato tra il 2015 e il 2016, quando si applicò la variazione zero in virtù di una specifica norma adottata per evitare un taglio sui valori nominali.

L’anno prossimo la rivalutazione verrà effettuata con un’elasticità variabile per fasce d’importo che prevede, fino al 2021, un’indicizzazione al 100% per gli assegni fino a quattro volte il minimo (2.052 euro lordi), e con un successivo decalage nella misura del 77% per i trattamenti di valore compresi tra quattro e cinque volte il minimo, del 52% per i trattamenti tra cinque e sei volte il minimo, del 47% per quelli tra sei e otto volte il minimo, del 45% tra otto e nove volte il minimo e del 40% per gli assegni superiori a nove volte il minimo.

Il ragguaglio al 100% fino a quattro volte il minimo è stato deciso con il disegno di legge di Bilancio, ora al vaglio del Parlamento, un provvedimento contestato dai sindacati perché giudicato di portata troppo esigua e che potrebbe essere ulteriormente corretto con emendamenti. La mini-correzione, nella versione attuale, incide marginalmente sui risparmi, pari a 3,6 miliardi, che erano stati previsti dal governo gialloverde per il triennio ’19-’21 con la stretta sulle indicizzazione che accompagnò il debutto di “Quota 100” (la maggiore spesa entro il 2022 sarebbe di 133 milioni cumulati).

Dal 2022 è per il momento previsto un ritorno all’indicizzazione per fasce che sarà a questo punto piena fino a quattro volte il minimo, mentre se non ci saranno ulteriori modificazioni si scenderebbe al 90% tra quattro e cinque volte il minimo e al 75% per i trattamenti superiori. Secondo le previsioni governative tra il 2021 e il 2022, ovvero al termine della sperimentazione in corso che consente pensionamenti anticipati con 62 anni e 38 di contributi minimi, la spesa per pensioni passerà da 295,5 miliardi a 304 miliardi (15,9% del Pil).

La scorsa settimana, come si ricorderà, è stato pubblica un altro decreto ministeriale che conferma a 67 anni fino alla fine del 2021 il requisito anagrafico per il pensionamento di vecchiaia. In questo caso i ministeri hanno confermato il limite attuale visto che l’indicazione dell’Istat è stata di una crescita di appena 0,021 decimi di anno della speranza di vita a 65 anni. Il limite di 67 anni resta valido fino a tutto il 2021 anche per accedere all’assegno sociale. L’adeguamento del requisito di pensionamento alla variazione della speranza di vita resta invece congelato fino al 2026 per i pensionamenti anticipati con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne) a prescindere dall’età.

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