Previdenza

Commercialisti intermediari per gli immigrati

di Patrizia Maciocchi

Le entrate dei contributi versati dai lavoratori extracomunitari all'Inps superano di oltre 6 miliardi le uscite per le pensioni e la previdenza in loro favore.

Per Maria Sandra Petrotta, direttore centrale entrate dell'Inps non ci sono dubbi: i lavoratori stranieri sono una risorsa e non un costo. Ne sono convinti i commercialisti del lavoro che al tema hanno dedicato un convegno ieri a Roma. Ma se è vero che gli extracomunitari regolari rappresentano un'opportunità di crescita economica, è altrettanto vero che bisogna razionalizzare l’offerta di lavoro. Ed è necessario farlo a partire dai flussi, ormai “residuali” come porta di accesso, rispetto alle domande di protezione umanitaria o di asilo. «Il decreto flussi del 2019 ha previsto 30 mila ingressi – dice il consigliere nazionale con delega all'economia e alla fiscalità del lavoro Roberto Cunsolo - di questi 18 mila sono stagionali e il resto sono per lo più rinnovi di permessi. L'ultimo vero decreto flussi “tarato” sul lavoro, è datato 2010».

Il ruolo che i commercialisti rivendicano - visto che un 25% della categoria si occupa di consulenza giuslavoristica - è quello di intermediari delle aziende. «Vorremmo chiedere al ministero dell'Interno – dice Cunsolo – un'autorizzazione che ci abiliti all'inoltro di istanze di permesso di soggiorno nell'ambito dei flussi di ingresso».

Anche per il presidente Massimo Miani c'è bisogno di risposte tecniche. «Siamo consulenti dell'80 per cento delle aziende italiane – sottolinea Miani – possiamo dunque affermare che c'è un'esigenza di mano d'opera, noi possiamo impegnarci per trovare la formula migliore perché ci sia un accesso regolare e mirato al mercato del lavoro».

Sempre cifre alla mano, è possibile sgombrare il campo dall'equivoco che gli stranieri siano troppi e che tolgano il lavoro agli italiani. Il numero di sbarchi è passato dai 114,611 del 2017 ai 22,518 del 2018 fino ai 9.944 dal 1 gennaio 2019 al 13 novembre scorso. «Il numero di ingressi regolari nel nostro paese è inferiore alle effettive necessità – afferma Roberto Cunsolo - il 77% degli stranieri fa lavori manuali, soprattutto in agricoltura, ristorazione e assistenza domiciliare, sottopagati e non corrispondente ai titoli di studio». Anche per quanto riguarda l’occupazione c’è un trend costante che dimostra che la regolarizzazione degli extracomunitari non avviene a “spese” degli italiani. «Nel biennio 2017-2018 - informa Cunsolo - c’è stato un aumento del numero di occupati italiani di circa 160 mila unità nei 12 mesi (con un + 0,8 in percentuale) a fronte di un incremento di occupati extra Ue di 26.423 unità (+1,6%)”.

Il discorso cambia se si parla di lavoratori autonomi extra Ue, artigiani e commercianti. Un settore in cui, ad avviso dei commercialisti servirebbero maggiori controlli per evitare una concorrenza “sleale” con le imprese italiane. «Ora il permesso di soggiorno viene dato in base alla dichiarazione dei redditi - dice Cunsolo - ma mancano i controlli sulla regolarità dei versamenti previdenziali e fiscali, ai quali andrebbe subordinato». Maria Sandra Petrotta mette l’accento sull’ugenza del contrasto al caporalato. «Certamente i lavoratori regolari sono una risorsa, il 94% ha, tra l’altro, meno di 20 anni di contributi, pochi per sperare di tornare a casa con una pensione. Troppe sono invece le vittime del lavoro nero».

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