Previdenza

Opzione donna conquista altri 12 mesi

di Antonello Orlando

Anche la legge di Bilancio del 2020 ha ampliato i termini dell’Opzione donna di dodici mesi. La prima sperimentazione -che aveva requisiti anagrafici più bassi- si era esaurita alla fine del 2015, ma la proroga era stata subito disposta dalla legge 208/2015 (articolo 1, comma 281) che aveva esteso l’opzione senza variarne le caratteristiche a tutte le lavoratrici che avessero maturato i requisiti entro il 2015.

Il decreto di riforma del welfare (Dl 4/2019, articolo 16) ha modificato i termini dell’opzione: infatti il requisito anagrafico è salito a 58 anni per le dipendenti e 59 per le lavoratrici autonome. La stessa norma ha ampliato la scadenza, consentendo di aderire a questo accesso anticipato a pensione a coloro che raggiungevano i 58 o 59 anni e i 35 di contributi entro la fine del 2018.

Va tuttavia specificato che la maturazione del requisito, in tutte le edizioni apparse non ha mai consentito di accedere subito a all’assegno, in quanto prima della decorrenza della pensione deve essere attesa una finestra della durata di 12 mesi per le lavoratrici subordinate e 18 per artigiane e commercianti in cui è possibile proseguire l’attività lavorativa.

Il rilancio e le penalizzazioni

La legge di Bilancio del 2020 (n, 160/2019, articolo 1, comma 476) ha spostato in avanti la scadenza consentendo alle lavoratrici di accedere all’Opzione donna a condizione che maturino entro la fine del 2019 i 58 anni di età e i 35 di contributi, maggiorati fino a 59 per le lavoratrici autonome, con le consuete finestre di attesa di 12 e 18 mesi.

Un anticipo così consistente rispetto all’età della pensione di vecchiaia (fissata in 67 anni almeno fino al 2022) e rispetto ai contributi della pensione anticipata (pari, per le donne, a 41 anni e 10 mesi di contributi fino al 2026) si traduce tuttavia in una penalizzazione fissa per l’assegno; questo viene infatti completamente ricalcolato con il metodo contributivo, a prescindere dalla reale anzianità contributiva al 1995. In altri termini, l’assegno anche se teoricamente calcolabile con metodo misto o retributivo puro, una volta confermata l’opzione, viene liquidato solo con il metodo contributivo.

La penalizzazione varia a seconda degli imponibili collezionati dalla lavoratrice nella sua vita lavorativa e del numero di anni originariamene afferenti al metodo retributivo. Nella maggior parte dei casi il taglio oscilla fra il 20 e il 40% sulla pensione senza alcuna possibilità di recupero.

Va, infine, ricordato come i 35 anni di contributi debbano necessariamente essere «effettivi», escludendo la contribuzione figurativa della disoccupazione e della malattia non integrata dal datore di lavoro. Inoltre, non è possibile «cumulare» gratuitamente i vari spezzoni contributivi, né fra le varie gestioni Inps né con i contributi delle casse professionali. Chi volesse sommare contributi dovrà ricorrere al metodo oneroso della ricongiunzione.

L’unica eccezione è data per le iscritte sia al fondo dei dipendenti del privato sia alla gestione artigiani e commercianti che sono fra loro cumulabili gratuitamente, con l’unico scotto di applicare in quel caso i requisiti anagrafici (59 anni) e la finestra mobile (18 mesi) delle lavoratrici autonome.

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