Previdenza

Apep: così le Casse possono finanziare su misura i professionisti

di Andrea Dili e Alessandro Trudda

L’indennità di 600 euro a favore delle partite Iva rappresenta il primo esperimento, pur in un contesto di inedita eccezionalità, di applicazione di uno strumento di sostegno al reddito a favore dei lavoratori autonomi e dei professionisti del nostro Paese. A differenza dei tradizionali sistemi propri del lavoro dipendente (cassa integrazione, Naspi) e di quello parasubordinato (Discoll), dove l’individuazione del beneficiario è correlata alla continuità lavorativa, per le partite Iva si pone il problema di individuarne i migliori criteri di accesso. Anche perché un intervento a pioggia sconterebbe due contraddizioni difficilmente superabili: la prima di natura etica (attribuzione della medesima provvista per fronteggiare bisogni diversi), la seconda legata al rapporto tra entità delle risorse impegnate (per definizione limitate) ed efficacia del singolo impiego.

Ma il punto centrale è un altro: posto che il blocco delle attività economiche si sta riflettendo non soltanto sulla capacità reddituale dei professionisti, ma piuttosto sulla loro capacità finanziaria, può essere il sostegno al reddito diffuso e limitato (nel senso che più è ampia la platea meno efficace sarà sul singolo) il migliore strumento per garantire l’operatività e la tenuta degli studi professionali?

A nostro avviso no: se 600 (o mille o 2mila) euro costituiscono un ristoro utile per le micro partite Iva a bassissimo reddito, è evidente che studi professionali piccoli o medio piccoli necessitano, nel brevissimo periodo, della disponibilità di ben altri importi per far fronte all’interruzione degli incassi. Più che uno strumento reddituale, quindi, occorre un bazooka finanziario capace di garantire il pronto impiego di risorse significative.In tal senso occorre considerare che, a differenza dei lavoratori dipendenti, i liberi professionisti manifestano situazioni ed esigenze variegate.

Si pensi all’applicazione di un anticipo finanziario a garanzia pensionistica, sebbene con finalità ben diverse da quelle previste dall’Ape volontario. La platea dell’Apep - l’assegno a garanzia pensionistica per i professionisti, si potrebbe chiamare così - dovrebbe essere infatti aperta a tutti gli iscritti alle Casse, senza limiti di età, mentre l’importo dovrebbe essere parametrato agli ultimi indicatori reddituali ufficiali.

L’erogazione potrebbe essere diretta o a mezzo di intermediari finanziari (con assicurazione da rischio di premorienza e con tutela della reversibilità). La restituzione potrà avvenire con decurtazione futura dall’assegno pensionistico (per le coorti più adulte) o con un’integrazione nel tempo dei futuri obblighi contributivi (per le coorti più giovani) o a mezzo di un sistema misto, considerando, chiaramente, una previsione di estinzione anticipata. Pertanto la garanzia principale consisterebbe nello stesso accumulo previdenziale del singolo professionista. Il costo finanziario sarebbe sopportabile, in quanto parametrato ai mancati rendimenti netti degli investimenti delle Casse, e potrebbe essere sostenuto dallo Stato a mezzo di una ridotta riduzione sull’esosa e iniqua aliquota fiscale ora applicata (26%).

Le simulazioni finanziarie evidenziano l’assoluta sostenibilità della misura (ad esempio 12 rate mensili da mille euro generano un importo di circa 210 euro mensili da restituire in cinque anni; tale importo si riduce a circa 110 euro in caso di applicazione decennale). Data una configurazione di questo tipo, l’applicazione potrà differire in base alle caratteristiche regolamentari delle singole Casse (sarà più semplice e lineare per chi opera in contributivo).

Lo Stato potrebbe intervenire anche con un sistema finanziario di protezione rivolto soprattutto alle coorti dei più giovani, controgarantendo, ad esempio, il differenziale tra il montante contributivo maturato e quanto erogato (in caso di segno negativo) o una successiva rimodulazione dell’anticipo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©