Previdenza

Il Governo frena sulla norma per lo scudo in caso di contagio

di Giorgio Pogliotti

Il governo frena sulla norma per tutelare da azioni di responsabilità penale e civile i datori di lavoro che rispettano le prescrizioni contenute nei protocolli sulla sicurezza firmati dalle parti sociali, in caso di contagio da Covid-19 di un loro dipendente.

Un emendamento al Dl liquidità, all’esame della Camera, era stato riformulato dalla maggioranza, ma è emerso che mancavano le condizioni politiche per approvarlo, di fronte alle obiezioni del ministro del Lavoro, la M5S Nunzia Catalfo, di una parte del Pd, di Leu, oltreché della Cgil. Dopo un braccio di ferro all’interno della maggioranza, dunque, ha prevalso la linea del ministro Catalfo, convinta che sia sufficiente la circolare dell’Inps (si veda l’articolo sopra), perchè «non esiste correlazione automatica tra il riconoscimento dell’infortunio e la responsabilità del datore di lavoro. Per essere responsabile dovrebbe non aver adottato le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore e deve sussistere un collegamento diretto tra il contagio e l’inosservanza delle regole da parte dell’azienda». Intervenendo ad un question time alla Camera, Catalfo ha anche aggiunto che «per superare ogni perplessità e conferire piena certezza al quadro giuridico, è in fase di valutazione e studio un eventuale provvedimento normativo», volto a chiarire che «il rispetto integrale delle prescrizioni contenute nei protocolli o nelle linee guida o nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni più rappresentative, nonché l’adozione ed il mantenimento delle misure ivi previste costituiscono presunzione semplice dell’assolvimento dell’obbligo ai fini della tutela contro il rischio di contagio da Covid-19».

Del tema si è discusso ieri ad un videoconvegno dei costruttori romani dell’Acer. «La pubblica amministrazione si è “scudata” con lo smart working dalla norma che assimila il Covid-19 ad infortunio sul lavoro - ha detto il presidente di Acer, Nicolò Rebecchini -, e si è scaricato tutto sugli imprenditori, costretti a riprendere a lavorare per non chiudere. L’imprenditore subisce una presunzione di colpevolezza se un lavoratore si ammala, anche se facesse il tampone a tutti non sarebbe ugualmente a posto, perchè sono innumerevoli le occasioni per contagiarsi». Per il vicepresidente di Ance, Edoardo Bianchi «si parla di osservanza scrupolosa, ma i protocolli sono in continua evoluzione, perchè ogni mese aumentano le conoscenze scientifiche del Covid e si alza l’asticella delle prescrizioni. L’imprenditore che fa di tutto per rispettare le regole come fa serenamente ad aprire un cantiere sapendo di essere ritenuto responsabile in caso qualcuno contragga il virus?». Dai costruttori arriva la richiesta alla politica perchè vi siano «indicazioni pratiche e semplici visto che la responsabilità scatta per inosservanza o inadeguata attenzione» delle misure anticontagio, considerando che «oltre al protocollo delle parti sociali, c’è il protocollo settoriale del Mit, i protocolli regionali e la circolare dell’Inail».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©