Previdenza

Aiuti agli autonomi, la fiera delle disparità

di Andrea Dili

Gli strumenti di sostegno al reddito dettati a favore delle persone fisiche esercenti attività d'impresa o arti e professioni contenuti nel decreto Rilancio scontano una debolezza di fondo: l'eterogeneità dei criteri di accesso determina un quadro estremamente frammentato, dove a parità di condizioni corrispondono trattamenti estremamente difformi, a volte al limite dell'irragionevolezza.

È il caso, ad esempio, dei collaboratori coordinati e continuativi che per i mesi di marzo e aprile ricevono l'indennità di 600 euro anche in costanza del rapporto di lavoro, conseguendo una entrata aggiuntiva esentasse rispetto al compenso contrattuale, pur non avendo subito alcun danno economico. Analogamente, artigiani e commercianti e professionisti iscritti alla gestione separata dell'Inps ricevono il medesimo importo incondizionatamente, non essendo per loro previste le limitazioni contemplate per i professionisti ordinisti, che potranno accedervi soltanto se percettori di redditi non superiori a 50mila euro e dimostrando di aver subito pregiudizi economici a causa dell'emergenza Covid-19.

Tale impianto viene sensibilmente rivoluzionato per il mese di maggio, determinando una ulteriore frammentazione:

per artigiani e commercianti viene tratteggiato un contributo a fondo perduto fino al 20% del fatturato perso ad aprile 2020 rispetto allo stesso mese del 2019 con un minimo di mille euro, a condizione che tale decremento sia superiore al 33,33%;

per i professionisti iscritti alle casse, in attesa del nuovo decreto interministeriale che dovrebbe confermare le medesime condizionalità previste per il mese di marzo, l'importo dell'indennità dovrebbe essere innalzato a mille euro;

analogamente, per i professionisti in partita Iva non titolari di pensione iscritti alla gestione separata l'indennità sale a mille euro, a condizione, però, che nel secondo bimestre del 2020 si sia subita una contrazione del reddito di almeno il 33% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

È evidente, allora, come dall'applicazione di una pluralità di criteri (fatturato vs reddito; mese vs bimestre vs trimestre; indennità fissa vs contributo proporzionale; presenza vs assenza di limiti reddituali) scaturiscano, a parità di condizioni economiche e di danni subiti, trattamenti differenti, che determinano palesi iniquità, come si evince dalla tabella in pagina.

Ad esempio, un architetto con reddito di 60mila euro che durante la crisi ha azzerato il proprio fatturato non percepirà alcunché; mentre un idraulico con 120mila euro di reddito avrà diritto a una indennità di 600 euro per i mesi di marzo e aprile, cui potrà aggiungere un contributo a fondo perduto ammontante a un minimo di mille euro.

Senza contare che in un contesto così frammentato, oltre alle evidenti difficoltà operative per contribuenti e addetti ai lavori, che dovranno conteggiare una molteplicità di parametri, potranno emergere ulteriori iniquità. È il caso, paradossale, dei professionisti iscritti alla gestione separata Inps, inclusi tra i beneficiari del contributo a fondo perduto soltanto se contestualmente titolari di pensione. Si tratta di un effetto, presumibilmente non voluto, dell'articolo 25 del decreto Rilancio e dell'articolo 44 del decreto Cura Italia, effetto che penalizza i professionisti “puri” rispetto a quelli che già percepiscono una pensione e che dimostra che l'intero impianto degli strumenti di sostegno al reddito delineati per le persone fisiche in partita iva (si chiamino indennità o contributi) avrebbe bisogno di una razionalizzazione volta a garantirne equità e semplicità di accesso.

I risultati dei Dl Cura Italia e Rilancio

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