Previdenza

Calderone: «ammortizzatori da riformare, bocciati dallo stress test»

di Federica Micardi

Il presidente dei consulenti del lavoro Marina Calderone, presente alla tavola rotonda dello speciale Telefisco bacchetta il Governo sul fondo perduto e invita a fare tesoro delle esperienze maturate durante l’emergenza per avviare una riforma del lavoro e degli ammortizzatori sociali.

Il taglio al costo del lavoro proposto dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri viene incontro alle vostre richieste?

È necessario rivedere il costo del lavoro,perché abbiamo un cuneo fiscale e contributivo eccessivo ma va fatto un discorso di sistema.

Servono misure strutturali da adottare per la ripartenza del paese. Una riduzione del costo del lavoro a tempo non ha effetti duraturi, un fenomeno che abbiamo già sperimentato in passato attraverso l’uso di incentivi per un arco temporale definito.

I professionisti sono stati esclusi dal contributo a fondo perduto, fatto che ha sollevato molte proteste. Qual è per lei la via per uscire da questa situazione, ampliare il fondo perduto?

Io credo che non ci si debba innamorare delle soluzioni. È importante che venga ribadito che i professionisti italiani sono dei lavoratori come gli altri; non siamo un comparto privilegiato, abbiamo dovuto affrontare la difficoltà degli ultimi mesi di lavoro incessante e nel contempo abbiamo vissuto delle situazioni di difficoltà con un rallentamento dell’attività e degli incassi. E non dobbiamo dimenticare che 500mila professionisti iscritti alle Casse, su un totale di attivi intorno al milione, ha chiesto il sussidio da 600 euro. Se quasi un professionista su due tra gli iscritti alle Casse ha avuto la necessità di un sostegno bisogna riconoscere a questo comparto, a cui vengono chiesti sforzi e sacrifici, un adeguato sostegno perché i professionisti possano continuare a esercitare l’attività in condizioni di indipendenza.

A me va bene riaprire la partita sul fondo perduto, tema su cui si è aggiunta un’ulteriore criticità con il riconoscimento di questo aiuto alle sole società tra professionisti, in quanto produttrici di reddito d’impresa. Questo vuol dire che non viene sostenuta l’attività, ma si fa una differenziazione sulla modalità con la quale andiamo a produrre il reddito. Io credo che non si debbano creare queste disparità di trattamento.

In questo momento non abbiamo bisogno di aumentare il livello di indebitamento, ma abbiamo bisogno di sostenere massicciamente le categorie produttive, e tra le categorie economiche che producono valore c’è certamente il mondo delle professioni ordinistiche.

Cassa Covid, l’esperienza di queste settimane è stata difficile e complicata. Cosa ci insegna questa esperienza in vista della riforma degli ammortizzatori sociali?

L’esperienza di questi ultimi mesi ci insegna che siamo in un Paese complicato, abbiamo sperimentato 25 modi diversi per chiedere la stessa cosa. Nel momento in cui ci siamo trovati di fronte a una cassa integrazione emergenziale finanziata in modo separato rispetto alle ordinarie gestioni, era necessario fare una scelta di semplificazione e quindi individuare un unico ammortizzatore sociale su cui appostare tutti i fondi. Non avremmo avuto problemi di incapienza e quindi di rallentamento nei pagamento; non avremmo avuto problemi a gestire tutte le procedure regionali della cassa integrazione in deroga. Il Governo in questa seconda fase è tornato sulla nostra proposta di un ammortizzatore unico, abolendo il percorso regionale per le proroghe e creando un unico canale presso l’Inps. È arrivato il momento di aprire una riflessione sul sistema degli ammortizzatori sociali che si è dimostrato inadeguato a gestire lo stress da emergenza. Se si deve parlare di riforma degli ammortizzatori sociali, l’ultima è del 2015, credo sia importante fare tesoro di quello che è successo. In questo momento ci sono ancora centinaia di migliaia di lavoratori che non hanno ancora ricevuto la cassa integrazione. Non bisogna guardare ai soli dati Inps , ma anche le società plurilocalizzate e i fondi non gestiti dall’Inps come il fondo artigiani. È necessario che questo Paese riapra la partita delle semplificazioni, ma che siano semplificazioni reali e di ampio spettro e che vedano coinvolti i professionisti che sono quei soggetti che gestiscono i processi. Fare le norme senza ascoltare chi fa funzionare i processi porta a queste situazioni.

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