Previdenza

Agrusti: «Dal risparmio previdenziale l’aiuto per uscire dalla crisi»

di D.Col.

La recessione ha innescato una «bomba sociale». Troppi lavoratori senior potrebbero trovarsi, nei prossimi anni, senza un impiego prima di aver maturato i requisiti per la pensione Inps. Per gestire questa difficile transizione, che vedrà coinvolte le popolose coorti dei baby boomers, bisognerà potenziare da subito il risparmio previdenziale e agevolare ulteriormente l’utilizzo della Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita). Mentre in prospettiva ci sarà un forte domanda di prestazioni in forma di rendita vitalizia che comporterà per l’industria assicurativa la necessità di disporre di ingenti capitali, visto l’elevato assorbimento di patrimonio che generano stando alle regole di Solvency II. Disponibilità che con ogni probabilità non ci sarà, e sarà quindi necessario pensare a strutture che non facciano gravare il rischio longevità sulle imprese ma lo ripartiscano tra gli aderenti, eventualmente tra generazioni di aderenti, anche modificando le attuali norme che disciplinano la previdenza integrativa. È quanto propone in questa intervista Raffaele Agrusti, trent’anni di carriera in Generali, dove è stato direttore generale, e oggi membro del Cda di Propensione, la startup fintech della previdenza integrativa fondata da un gruppo di ex top manager della compagnia triestina. «Se non si adottano soluzioni che incentivino ulteriormente il risparmio previdenziale e il suo utilizzo rateale prima della decorrenza della pensione temo davvero il rischio di drammi sociali».

Come si può mobilitare il risparmio previdenziale in un frangente difficile come questo?

Parto da una constatazione: nei prossimi anni molti saranno espulsi dal mercato del lavoro senza i requisiti per la pensione che, con l’adeguamento automatico alla speranza di vita, tenderà per la vecchiaia ai 70 anni. Ci sarà un gap da colmare di 4-6 anni e la rendita anticipata, per chi ha una posizione previdenziale rappresenterà l’unica soluzione immediata e sostenibile.

Rita è strutturale da due anni ma ancora poco usata.

C’è un problema di informazione sull’istituto della Rita, introdotta dal governo Renzi. Oggi la fiscalità fino al 9% su anticipi del capitale di un fondo fino a 5 anni prima della pensione rappresenta già un vantaggio importante se paragonato alla normale fiscalità che grava sulle normali erogazioni in forma di capitale, mediamente intorno al 30%. Per rafforzare questa funzione della previdenza integrativa bisognerebbe prevedere per le fasce reddituali medio basse più esposte al rischio di trovarsi prive di reddito per alcuni anni, ma con bassa capacita di risparmio previdenziale, una deducibilità maggiorata.

Ha in mente una proposta concreta?

Penso a un moltiplicatore sul modello dell’ecobonus al 110%, sarebbe un buon incentivo per mobilitare da subito risparmi che non sono stati allocati in prospettiva previdenziale. Una soluzione sostenibile che uniformerebbe il contributo dello Stato in termini di risparmio fiscale tra i titolari di diverso ammontare di reddito consentendo proprio ai lavoratori più bisognosi di poter raggiungere al momento della cessazione un capitale che sotto forma di Rita gli consenta di coprire i loro bisogni in attesa della pensione.

Soluzioni flessibili ma anche onerose.

Lo Stato dà un ulteriore contributo fiscale alle fasce medio basse per garantire in primis una copertura reddituale in caso di uscita dal mercato del lavoro senza aver acquisito il diritto alla pensione Inps. È più sostenibile che abbassare l’età pensionabile.

Nei prossimi anni i fondi dovranno anche pagare rendite vitalizie per almeno il 50% del capitale cumulato da chi ha cominciato a versare dopo 1993.

E sarà un problema. Oggi il risparmio previdenziale è poco sopra i 180 miliardi, tra cinque o sei anni saremo a 220-230 miliardi e circa 80 miliardi potrebbero essere erogati in forma di rendita. Per le compagnie l’assorbimento di capitale sarà molto forte. Se non mutano le regole i capitali accumulati attualmente presso i fondi pensione italiani potrebbero essere dirottati verso compagnie estere dalle spalle più forti delle nostre in termini di capitale disponibile.

Come si risolve?

Per esempio affrontando il fattore rischio longevità, che comporta per le imprese di assicurazione che erogano rendite vitalizie un elevato assorbimento di capitale. Serve una modifica normativa delle prestazioni in forma di rendita complementare. Molti fondi esteri hanno per esempio socializzato questo rischio non facendolo gravare sulle compagnie ma lasciandolo in capo ai fondi con una sorta di ripartizione intergenerazionale. Si può pensare a soluzioni di questo tipo che in parte ibridizzino il nostro modello con una riforma di sistema.

Intanto tra un anno arriveranno i Pepp.

Per il nostro Paese sarà un bene. Porteranno concorrenza di prezzo e potranno essere venduti senza il vincolo di stabilimento con costi di distribuzione molto bassi, via internet, una sfida importante per il nostro sistema di previdenza complementare, caratterizzato ancora da costi troppo elevati per i risparmiatori.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©