Previdenza

Esonero contributivo in alternativa alla Cig o incentivi alle assunzioni

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Le primissime stime dei tecnici del governo hanno acceso la spia rossa: ogni mese in più di Cig Covid-19, ipotizzando un tiraggio intorno al 60-70 per cento, costa fino a 5 miliardi di euro. Non solo. A fine anno l’occupazione è prevista in calo almeno di 2 punti percentuali, pari a circa 4-500mila persone. Ecco allora che l’esecutivo sta studiando i vari dossier per scongiurare espulsioni dal mercato del lavoro e, se possibile, spingere le aziende a firmare nuovi contratti di lavoro.

Ma se i problemi e i nodi sono chiari, le ipotesi al vaglio sono diverse, e in alcuni casi, come sugli incentivi, alternative. Il premier Giuseppe Conte, per iniziare a disegnare un percorso di uscita dalla Cig per l’emergenza Covid-19, con la ripartenza delle imprese sta ipotizzando di riconoscere alle aziende un esonero contributivo, in alternativa appunto all’utilizzo dell’ammortizzatore, per il personale in organico a patto che non si licenzi. Il meccanismo allo studio punta a conseguire un sostanzioso risparmio delle risorse stanziate per gli ammortizzatori sociali, consentendo ai lavoratori di rimanere in attività con la retribuzione piena. Il problema è che per non incorrere nella procedura sugli aiuti di Stato, il beneficio deve riguardare tutte le aziende e non solo una parte. Ne ha parlato lo stesso premier Conte con il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico nell’incontro di mercoledì in cui si è affrontato anche il nodo delle criticità nell’erogazione della cassa integrazione, ed è emerso che sono stati pagati 5,8mln di trattamenti di Cig mentre in circa 150mila ancora non hanno avuto alcun pagamento. Tra questi i dipendenti delle imprese artigiane: che denunciano «un inaccettabile ritardo. Da 37 giorni siamo in attesa delle risorse stanziate», dice il segretario generale di Confartigianato Cesare Fumagalli «i soldi non sono ancora arrivati al Fondo di solidarietà bilaterale dell’artigianato».

All’interno del governo, però, si ragiona anche su altre ipotesi. Nei giorni scorsi, i tecnici del ministero dell’Economia avevano ipotizzato di replicare un sistema di incentivi per favorire la ripresa delle assunzioni tempo indeterminato, attraverso un nuovo meccanismo di sgravi fiscali, della durata di 6 mesi, vincolato però a una condizione, vale a dire che l’impresa, beneficiaria del bonus, non potrà licenziare il neo assunto per i successivi 9-12 mesi. L’ipotesi è quella di far partire lo sgravio contributivo dal 1° gennaio, e dunque di finanziarlo con la legge di Bilancio. Il punto è rendere più conveniente il contratto a tempo indeterminato, in una congiuntura che dal prossimo anno potrebbe segnare una ripartenza. Quanto sia “pesante” l’incentivo non è ancora noto: l’istruttoria tecnica è praticamente all’inizio. E da decidere è anche la dote a disposizione.

Nell’immediato, e sempre nell’ottica di favorire le assunzioni, i tecnici del Mef, caldeggiati dal Pd, hanno ipotizzato anche un’ulteriore semplificazione della normativa sui contratti a tempo determinato, somministrazione inclusa. L’idea è quella di allungare almeno fino a dicembre il congelamento delle causali previste dal decreto dignità su proroghe e rinnovi. Al momento, lo stop alle causali è in vigore fino a fine agosto. Si studia perciò di portarlo fino a fine anno, nella convinzione che nell’attuale quadro di incertezza economica le imprese ricorreranno soprattutto a contratti flessibili, e tra queste tipologie contrattuali sicuramente il contratto a tempo determinato, inclusa la somministrazione, è quello che offre maggiori tutele ai lavoratori. Su questa misura, tuttavia, il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo (M5S), ha espresso forti riserve, anche perchè il decreto dignità è considerato un cavallo di battaglia dei grillini. Il dossier è nelle mani dei ministri Catalfo e Gualtieri che lavorano al Dl luglio, insieme alla proroga degli ammortizzatori sociali che, in base alle risorse disponibili, potrebbe essere generalizzata fino a fine ottobre, o selettiva fino alla fine dell’anno per i settori più in difficoltà.

Attualmente, per effetto del Dl Cura Italia e del Dl Rilancio, sono previste 18 settimane complessive di cassa integrazione d’emergenza. Con l’anticipo delle ultime 4 settimane, le imprese che hanno attivato la cassa all’inizio della pandemia, termineranno a metà luglio il sussidio che è interamente a carico dello Stato. Fino al 17 agosto poi è in vigore il blocco dei licenziamenti economici. Quindi una soluzione va trovata nel prossimo Dl Luglio, dopo aver approvato lo scostamento di bilancio.

Sempre dal ministero del Lavoro, nel pacchetto di nuove misure allo studio, si pensa a distribuire in modo selettivo gli incentivi all’assunzione, a favore di giovani e donne che vengono da periodi di lunga disoccupazione o di inattività. Verrebbe incentivata la staffetta generazionale per le assunzioni di giovani e l’accompagnamento dei più anziani all’uscita.

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