Previdenza

Vince il contributo in denaro indipendente dai redditi

di Marta Casadei

Adottando un assegno unico (che vada anche ad assorbire alcune delle detrazioni fiscali in vigore) dall’importo più sostanzioso, tarato sul numero dei figli, l’Italia si avvicinerebbe a quanto già fatto da molti Paesi europei. Il riscontro arriva dal database del Missoc, il Mutual Information System on Social Protection istituito proprio trent’anni fa per facilitare lo scambio di informazioni tra i Paesi dell’Unione. L’unica differenza sostanziale sarebbe la modulazione del contributo sul reddito: la maggior parte dei Paesi esaminati, infatti, opta per un assegno flat, e quindi indipendente dai guadagni familiari.

Le misure

In Austria le famiglie con residenza permanente possono accedere a un child benefit che dipende dal numero e dall’età dei bambini. Simile la situazione in Francia, dove il contributo è riservato a chi ha residenza stabile ed è parametrato al numero (non si applica al primogenito, per esempio) e all’età dei figli. Uno dei pilastri del welfare tedesco è senza dubbio il Kindergeld, l’assegno che lo Stato versa alle famiglie e che non varia in base al reddito, ma solo al numero dei figli. E al quale, in determinate condizioni (anche reddituali) si può aggiungere il Kinderzuschlag, un assegno supplementare. Anche in Olanda esiste un assegno “generale” al quale può essere aggiunto, in base a numero, età dei figli e reddito, un altro contributo. Lo stesso in Svezia: oltre all’assegno flat, le famiglie numerose possono beneficiare di un supporto extra.

Gli importi

A fare la differenza sono gli importi. Particolarmente alti in Germania: 219 euro a figlio, indipendentemente dal reddito dei genitori. Nel caso delle famiglie austriache, compreso il credito fiscale pari a 48 euro per ciascun figlio e indipendentemente dal reddito, il contributo arriva a 141,50. In Svezia l’assegno è di 100 euro, in Olanda è di 90 euro. La situazione francese è leggermente diversa: come già detto non esiste un sostegno per le famiglie con un figlio solo - al di fuori di un contributo alla nascita con limiti di reddito - ma il contributo arriva a 130 euro per una famiglia con due figli e 298 euro se si aggiunge un terzogenito. Questo assegno è stabile, e quindi non subisce tagli al crescere del reddito familiare.

La durata

Un altro importante parametro di confronto tra gli strumenti di welfare familiare è quello che definisce la durata del supporto. E che in quasi tutti i casi dipende dall’età dei figli. Il Paese più rigido su questo fronte è la Svezia dove il contributo si ferma al mese in cui i figli compiono 16 anni. Una scelta comprensibile se si pensa che i giovani svedesi, secondo Eurostat, escono di casa a 17 anni e mezzo, con nove anni d’anticipo sulla media europea (26,2 anni). Se in Francia il sostegno dura fino al compimento dei 20 anni di età, la maggior parte dei Paesi è allineata sullo stesso traguardo: il compimento della maggiore età del figlio. La regola vale in Austria, Spagna, Olanda. Anche in Germania il sostanzioso assegno viene corrisposto fino ai 18 anni del figlio, a meno che sia disoccupato o che stia studiando. In quest’ultimo caso, infatti, la famiglia può percepire il contributo fino ai 25 anni.

La spesa

Per spiegare come alcune nazioni possano permettersi assegni così sostanziosi, occorre analizzare la spesa annua che i Paesi dell’Unione dedicano ai benefici per le famiglie. Secondo i dati pubblicati dall’Eurostat a giugno 2020, che però risalgono al 2017, nel corso dell’anno in questione i 27 membri dell’Ue hanno stanziato circa 301 miliardi di euro, pari al 2,3% del Pil e all’8,6% del totale della spesa sociale. Nel complesso, tra il 2000 e il 2017 la spesa in questo segmento è cresciuta del 40,6 per cento, ed è concentrata per oltre il 60% proprio in contributi periodici cash.

Andando ad analizzare nel dettaglio gli investimenti dei singoli Paesi in bonus per la famiglia, sempre in base ai dati Eurostat 2017, emerge che la Germania spende il 3,3% del Pil mentre l’Italia solo l’1,8 per cento. In mezzo ci sono Svezia (2,9%), Austria (2,7%)e Francia (2,4), mentre Spagna e Olanda spendono una quota del Pil inferiore a quella italiana: l’1,2 per cento.

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