Previdenza

Per lo sconto sui contributi i conteggi sono più semplici

di Ernesto Gatto e Giorgio Gavelli

Mille milioni di euro stanziati per finanziare l’esonero parziale dal pagamento dei contributi previdenziali dovuti dai professionisti ed autonomi iscritti all’Inps o alle proprie Casse di previdenza: la legge di bilancio 2021 istituisce un fondo con la specifica finalità di ridurre gli effetti negativi causati dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 sul reddito di questi soggetti e di favorire la ripresa della loro attività.

Il Fondo, istituito presso il Ministero del Lavoro, attende – nel termine ordinatorio di sessanta giorni dal 1° gennaio prossimo – uno o più decreti attuativi, ai quali spetterà, tra l’altro, il compito non semplice di definire i termini e le modalità di ripartizione e della somma (che costituisce, in ogni caso, il limite massimo di spesa) tra i vari enti interessati nonché i criteri per la concessione dell’esonero. Per ora, la norma si limita a fissare i soggetti interessati e le condizioni di massima per accedere all’agevolazione contributiva.

Per quanto riguarda i soggetti, si tratta di professionisti, anche ordinistici, ed autonomi iscritti:

alle gestioni previdenziali Inps;

alle casse di previdenza privatizzate (Dlgs 509/1994);

alle Casse del Dlgs 103/1996.

Tuttavia, dal Fondo andranno ricavate anche le risorse per l’esonero dal pagamento dei contributi previdenziali di medici, infermieri ed altri professionisti ed operatori sanitari di cui alla legge 3/2018, già in pensione ed assunti per l’emergenza dovuta al coronavirus.

L’esonero dai contributi (ma non dai premi Inail eventualmente dovuti) verrà riconosciuto, nel limite delle risorse stanziate, in presenza di due condizioni:

1 un reddito complessivo non superiore a 50mila euro nel periodo d’imposta 2019;

2 un calo di fatturato o dei corrispettivi nell’anno 2020 non inferiore al 33% rispetto a quello del 2019.

Il fatturato

Il riferimento è la differenza tra il fatturato dell’intero anno 2020 rispetto a quello dell’anno precedente, superando un aspetto assai criticato dei vari ristori del 2020, accusati di basare i calcoli su intervalli di tempo troppo ristretti o, comunque, scarsamente significativi delle perdite subite a causa della pandemia. Fissare l’attenzione sull’anno, inoltre, permette un controllo molto semplice con il fatturato indicato nella dichiarazione Iva, generalmente trasmessa nei mesi di febbraio e di marzo. Stante l’obbligo di fatturazione elettronica, il riscontro può essere fornito anche dallo Sdi, ad eccezione dei soggetti minimi e forfettari (che ancora emettono documenti cartacei) e dei professionisti sanitari per le prestazioni soggette (salvo opposizione) alla trasmissione al sistema tessera sanitaria. Tutto lascia pensare che il concetto di “fatturato” utilizzato ai fini di questo esonero sia il medesimo che ha contraddistinto quasi tutti i benefici attribuiti nel 2020, e ricavabile dalle circolari dell’agenzia delle Entrate 9/E, 15/E e 22/E del 2020, generalmente soggetto a comunicazione da parte dei professionisti al proprio ente previdenziale. Dovrebbero, quindi, rientrarvi tutte le fatture con data di emissione rientrante nel periodo considerato, comprese quelle emesse per acconti su future prestazioni.

Il reddito

In questo caso, il calcolo risente del diverso regime, naturale o prescelto dal contribuente. Se non vi sono differenze rilevanti a livello di calcolo tra professionisti in contabilità ordinaria e semplificata, per i minimi (regime “di vantaggio” che, lo ricordiamo è ad esaurimento, non prevedendo nuovi ingressi), la determinazione del reddito è guidata dal quadro LM. Sezione I, del modello Redditi.

Per quanto attiene ai forfettari, riteniamo che non si debba riproporre il problema emerso questa estate per i vari bonus da 600 e mille euro. Rivolgendosi ai professionisti “senza Cassa” iscritti all’Inps ed operanti in tale regime, per il bonus di cui all’articolo 84 del Decreto Rilancio, la circolare n. 25/E del 20 agosto scorso ha affermato, piuttosto a sorpresa, che l’eventuale riduzione del proprio reddito professionale andava determinata come differenza tra compensi percepiti e spese effettivamente sostenute, con la conseguenza che la misurazione dello scostamento del reddito prescindeva dal coefficiente di redditività previsto dal comma 64 dell’articolo 1 della Legge n. 190/2014 .

Il reddito 2019 è oramai consolidato dalle dichiarazioni presentate nelle scorse settimane e viene trasmesso agli enti previdenziali dai singoli professionisti, per cui sarebbe un errore – anche al fine della semplicità di verifica - far riferimento a dati differenti.

Più in generale, un aspetto delicato sembra essere quello dei professionisti associati, dove il reddito nasce collettivo e viene attribuito ai singoli, mentre il fatturato è dell’associazione. Il decreto attuativo dovrà dettare istruzioni per comprendere come verificare i requisiti con riferimento a questi soggetti.
Calcoli diversi a seconda delle scelte

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