Previdenza

Assegni familiari, lavoratori italiani ed extraue con pari diritti

di Enrico Traversa

La Corte Ue, con le due sentenze del 25 novembre scorso (cause C302/19 e C-303/19, si veda il Sole 24 Ore del 26 novembre), segna un’altra tappa nella lunga marcia dei lavoratori extracomunitari per la parità di diritti sociali rispetto ai lavoratori italiani. I due processi hanno preso l’avvio da un ricorso contro il rifiuto dell’Inps di versare a due immigrati, dello Sri Lanka e del Pakistan, l’assegno per il nucleo familiare istituito con legge 153/1988, riferito ai periodi in cui moglie e figli risedevano ancora nei paesi di origine. L’articolo 2, comma 6-bis, della legge 153/1988 prevede che non fanno parte del nucleo familiare il coniuge e i figli minorenni che non hanno la residenza in Italia. La Cassazione, nelle ordinanze di rinvio, aveva evidenziato che tale condizione di residenza non si applica ai cittadini italiani, i cui familiari sono invece computati anche se risiedono fuori d’Italia.

La questione posta alla Corte Ue aveva a oggetto la compatibilità di tale discriminazione con le direttive sul soggiorno dei cittadini extracomunitari. Nel primo caso (C302/19) il lavoratore dello Sri Lanka era titolare di un «permesso unico» (direttiva 2011/98/UE recepita con Dlgs 40/2014). Nel secondo caso (C-303/19) il lavoratore pakistano era titolare di un permesso di soggiorno di lunga durata (direttiva 203/109/CE recepita con Dlgs 3/2007).

I giudici europei, sulla base della constatazione che l’assegno per il nucleo familiare è concesso sulla base di una situazione definita dalla legge e al di fuori di qualsiasi valutazione delle condizioni del richiedente, hanno deciso che l’assegno non costituisce una prestazione assistenziale, ma una «prestazione familiare» disciplinata dal regolamento Ue 883/2004 . Da ciò deriva l’applicabilità dell’articolo 12.1.e) della direttiva 2011/98/UE, che riconosce ai lavoratori dei paesi terzi titolari del «permesso unico» il diritto alla parità di trattamento con i lavoratori nazionali unicamente nei settori della sicurezza sociale.

Sulla base di questa premessa la Corte di giustizia ha respinto le argomentazioni dell’Inps. In particolare, dall’articolo 12.2.c) della direttiva, in forza della quale gli Stati membri possono restringere l’applicazione di agevolazioni fiscali ai soli casi in cui i familiari a carico del lavoratore del paese terzo sono residenti in Italia, i giudici Ue hanno dedotto che tale deroga va esclusa per quanto riguarda le prestazioni di sicurezza sociale, dato che tutte le deroghe al fondamentale principio della parità di trattamento devono essere interpretate restrittivamente. La Corte ha anche respinto l’argomento dell’Inps costituito dalle eventuali difficoltà di controllo sui beneficiari qualora alcuni dei componenti del nucleo familiare del lavoratore risiedano fuori d’Italia, difficoltà che sono esattamente le stesse nel caso di familiari non residenti di un lavoratore italiano.

Nella seconda sentenza la Corte Ue ha ammesso che l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/109/CE consente a uno Stato membro di derogare alla regola generale della parità di trattamento in materia di prestazioni sociali prevista al paragrafo 1.d) dell’articolo 11, nei casi in cui i familiari del lavoratore non risiedono sul suo territorio. Tuttavia lo Stato italiano non ha «chiaramente espresso», in sede di recepimento della direttiva 2003/109, l’intenzione di avvalersi di tale facoltà di deroga e quindi anche i lavoratori extracomunitari con figli non residenti hanno diritto allo stesso assegno per il nucleo familiare spettante al lavoratore italiano nella medesima situazione. La Corte ha infine ricordato gli obiettivi delle direttive in materia di diritti dei lavoratori stranieri: «Riconoscere che tali cittadini di paesi terzi contribuiscono all’economia dell’Unione con il loro lavoro e i loro versamenti di imposte e fungere da garanzia per ridurre la concorrenza sleale tra cittadini di uno Stato membro e cittadini di paesi terzi derivante dallo sfruttamento di questi ultimi». L’Inps dovrà pertanto versare l’assegno per il nucleo familiare a tutti i lavoratori extracomunitari a basso reddito le cui famiglie non sono (ancora) residenti in Italia.

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