Previdenza

Corsa in uscita di 26mila addetti con isopensione fino a sette anni

di Matteo Prioschi

Uno scivolo lungo fino a sette anni con cui essere accompagnati alla pensione senza penalizzazioni economiche rilevanti è sicuramente appetibile dal punto di vista dei lavoratori avanti con gli anni. Peccato, però, che per le aziende tale strumento sia piuttosto oneroso. Nel 2012 l’isopensione è stata introdotta, poco dopo la riforma previdenziale di fine 2011, per favorire la gestione non traumatica dei dipendenti in esubero più anziani, che per effetto dei rinnovati requisiti di pensionamento hanno dovuto fare i conti con la necessità di proseguire l’attività lavorativa oltre il previsto. Uno scivolo che inizialmente poteva avere una durata massima di quattro anni portata a sette dal 2018 fino al 2023 (salvo ulteriori proroghe).

Dunque oggi possono accedere all’isopensione lavoratori lontani non più di sette anni dalla pensione di vecchiaia (che attualmente si raggiunge a 67 anni) o da quella anticipata (per cui sono necessari 42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età - 41 anni e 10 mesi per le donne - oltre a una finestra di tre mesi tra maturazione del diritto e decorrenza).

I numeri forniti dall’Inps (riportati nella grafica a fianco) forniscono alcune indicazioni su quanto e come questo strumento è stato utilizzato nel corso degli anni. La platea dei lavoratori coinvolti, poco più di 26mila, è relativamente ridotta tenuto conto che l’isopensione può essere attivata dalle aziende con più di quindici addetti. E, tanto per avere un riferimento, “opzione donna” che determina un accesso a pensione dai 60 anni di età (quindi con uno sconto massimo di sette anni analogo all’isopensione) ma con grosse penalizzazioni sull’importo dell’assegno, nel solo 2015 è stata usata da oltre 28mila lavoratrici.

Nei fatti, all’isopensione hanno fatto ricorso soprattutto grandi aziende con risorse finanziarie adeguate per sopportarne gli oneri derivanti dal fatto che, per tutta la durata della stessa, ai dipendenti si deve erogare un assegno pari alla pensione maturata all’uscita dall’azienda e al contempo si devono versare i contributi previdenziali calcolati sulla retribuzione media dei 48 mesi precedenti la cessazione dell’attività, inclusi premi e bonus anche se erogati successivamente, oltre a una fideiussione se tutto quanto dovuto non viene versato in unica soluzione all’Inps.

Il dato relativo alla durata media sembra non aver risentito in modo marcato dell’estensione da quattro a sette anni di utilizzo massimo dell’isopensione introdotto nel 2018, perché, se è vero che nel triennio 2018-2020 i mesi medi di isopensione fruiti dal singolo lavoratore sono di più di quelli del 2013-2015, è altrettanto vero che un picco di 40,6 mesi è stato toccato già con le isopensioni decorrenti nel 2017. Inoltre tra il 2013 e il 2020 i requisiti per accedere alla pensione sono aumentati di nove mesi per quella di vecchiaia e di cinque mesi per quella anticipata.

L'isopensione anticipa l'uscita di tre anni e mezzo

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