Previdenza

Ocse: bene fisco e Pa, frenare sulle pensioni

di Gianni Trovati

L’Ocse promuove i principi cardine della riforma Brunetta che punta a rinnovare una Pa invecchiata e «priva della competenze necessarie», e appoggia le intenzioni espresse per quella del Fisco, che dovrà prima di tutto impegnarsi per ridurre il peso delle tasse sul lavoro. Ma alla vigilia di una manovra chiamata a gestire il dopo Quota 100 torna a chiedere nei fatti un ritorno pieno alle regole Fornero. Sulla previdenza italiana «esistono preoccupazioni di breve e medio termine - riconosce il ministro dell’Economia Daniele Franco nella conferenza stampa di presentazione della nuova Economic Survey sull’Italia dell’Organizzazione dei Paesi sviluppati - ma sono fiducioso che il governo troverà il giusto equilibrio».

Non è al titolare dei conti italiani, del resto, che le analisi Ocse rischiano di risultare indigeste. Il linguaggio di Mathis Cormann, il segretario generale dell’Organizzazione che ha presentato il rapporto, è lo stesso del ministro, che infatti riconosce a «molte delle raccomandazioni» arrivate da Parigi di «condividere lo spirito» con cui il governo ha costruito il Pnrr. L’analisi coincide sulla crescita, alta ma insufficiente da sola per superare i problemi italiani, e sugli strumenti per rafforzarla. Sul primo punto, l’Ocse calcola per il Pil italiano un +5,9% quest’anno e un +4,1% il prossimo: rimbalzo vigoroso, che però dopo il -8,9% del 2020 porterà l’Italia a recuperare i livelli di produzione pre-Covid solo nel primo semestre 2022, più tardi di altre grandi economie. I calcoli in corso a Via XX Settembre sono «in linea» con quelli Ocse, spiega Franco, che torna a ricordare il +5,8% calcolato dall’Upb prima però dei nuovi dati Istat che indicano un rafforzamento della crescita. Analoga è anche la lettura sulla sfida vitale per l’Italia, che è di evitare il ritorno alla lunga stagnazione pre-Covid lavorando su produttività, riduzione fiscale sul lavoro e aumento del tasso di occupazione soprattutto femminile e al Sud, come spiegato dal ministro dell’Economia domenica al Forum Ambrosetti di Cernobbio e ribadito ieri.

Ma sono le pensioni il tema più spinoso nel nuovo Rapporto. In base ai parametri Ocse la spesa previdenziale italiana del 2019 era poco sotto il 14% del Pil (la Ragioneria generale, complici criteri diversi e soprattutto la crisi pandemica calcola nel 2020 un 17,1%), mentre la media dei Paesi Ocse si ferma all’8,5%. Contrario lo scenario della spesa per istruzione e formazione, dove il 4% del Pil italiano si confronta con un 5,5% Ocse. Su questa base, il rapporto chiede di lasciar tramontare a fine anno sia Quota 100 sia Opzione donna, e di ripristinare subito l’aggancio automatico dei requisiti previdenziali alla speranza di vita che le regole sull’anzianità decise dal governo Conte-1 hanno bloccato fino al 2026. Ricetta giudicata essenziale per rispettare l’impegno del governo a «ripristinare i livelli di debito pre-Covid»; ma complicata per un’ampia fetta della maggioranza, e non solo per M5S e Lega che tre anni fa hanno animato il governo giallo-verde.

È invece bifronte il giudizio sul reddito di cittadinanza, l’altro tema che occupa in questi giorni il botta e risposta fra i partiti. Per l’Ocse «ha contribuito a ridurre il livello di povertà», come rivendicano i suoi tifosi, ma «il numero di beneficiari che hanno poi trovato impiego è scarso», come lamentano i detrattori.

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