Adempimenti

In 16 Regioni una tassa di abilitazione professionale del 1933

di Valeria Uva

Iprofessionisti non sono tutti uguali, da Trieste in giù. Anzi, proprio la scelta di laurearsi nel capoluogo friulano può risultare la più costosa, almeno in termini di tasse da versare - poi - alla Regione.

Già perché tra i passaggi obbligati una volta raggiunto l’agognato diploma e prima di affiggere la targa in ottone sulla porta dello studio c’è anche la tassa regionale per l’abilitazione professionale, un retaggio dell’epoca fascista, felicemente sopravvissuto fino ai giorni nostri, cambiando “pelle”.

Nata nel 1933 con il Regio decreto 1592 come «tassa per le opere delle università o istituti superiori, cui sono soggetti tutti coloro che conseguono l’abilitazione all’esercizio professionale» ammontava in origine a diecimila lire, democraticamente uguali per tutti, finalizzate a sostenere l’ateneo dove ci si era laureati. Nei decenni successivi la tassa è rimasta in piedi anche se è diventata federalista, andando a confluire nei vari tributi locali che lo Stato ha affidato in gestione (e determinazione) alle singole Regioni.

Risultato: oggi quel prelievo è decisamente disomogeneo, senza alcun criterio guida se non la clemenza fiscale della Regione in cui si sceglie di laurearsi. I più fortunati sono in Lombardia, Emilia Romagna e Toscana, le tre Regioni che hanno da tempo abolito il prelievo. Così, ad esempio, all’ingegnere laureato al Politecnico di Milano l’ingresso nel mondo del lavoro costerà un po’ meno, rispetto ad esempio, al collega della Sapienza di Roma, che ancor oggi deve versare 113 euro e qualche centesimo. E questo. per assurdo, anche se il professionista lombardo sceglierà di esercitare proprio nella Capitale, magari nello stesso studio del laureato della Sapienza. A decidere se la tassa per l’abilitazione va versata o no, infatti, e a stabilirne l’importo è l’università dove si è conseguita la laurea, e non quella ad esempio dove si è sostenuto l’esame di abilitazione (spesso anche questo peraltro soggetto a contribuzione), anche se l’obolo va versato non dopo il diploma ma dopo l’esame di Stato per l’abilitazione professionale. E non incide neanche il luogo di residenza.

E allora può capitare che (forse) per un complesso gioco di marketing territoriale la Sardegna pretenda solo 5,20 euro dai propri laureati (con il rischio che la gestione dell’imposta sia quasi più costosa degli incassi), mentre il Friuli Venezia Giulia, in testa alla classifica, ne pretende 160 di euro.

Altre sette Regioni hanno comunque l’asticella alzata oltre i cento euro: tra queste Puglia, Piemonte e Campania.

Sul sistema vigilano gli Ordini: la ricevuta del pagamento della tassa è sempre tra i documenti da esibire per l’iscrizione agli Albi.

Leggi gli importi delle tasse regionali per l’abilitazione professionale

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