Adempimenti

Scontro tra giuslavoristi e consulenti sugli ambiti di attività

di Matteo Prioschi

«La Legge 12/1979 è la norma che regolamenta la professione e l'ordinamento dei consulenti del lavoro, sotto la vigilanza del ministero del Lavoro e d'intesa con il
ministero di Giustizia. Basta leggere l'articolato della legge istitutiva dell'Ordine per scoprire queste due verità. Non si comprende come associazioni sindacali di altre categorie professionali possano candidarsi a partecipare a un percorso di ammodernamento della legge 12/1979, ipotizzando sinanco di contribuire a riscriverla».

Questa la forte presa di posizione contenuta in un comunicato stampa del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro diffuso ieri. Una dichiarazione che però si fatica a comprendere a chi sia diretta. Per contestualizzarla correttamente si deve fare un passo indietro, e cioè al documento consegnato al ministro della Giustizia dal presidente degli avvocati giuslavoristi italiani (Agi), contenente i temi posti all'attenzione del governo da parte della categoria. Testo che è stato pubblicato sulla pagina Facebook dei giuslavoristi.

In occasione dell'incontro, i vertici dell'Agi hanno individuato tre questioni principali: l'attuazione della legge professionale forense in tema di specializzazione; la negoziazione assistita; l'abrogazione del “rito Fornero” nelle cause di lavoro. Ma nel testo c'è anche un paragrafo dedicato alla «razionalizzazione delle attività di consulenza del lavoro».

Per i giuslavoristi, la legge 12/1979, che ha formalmente istituito la professione di consulente del lavoro, all'articolo 1 stabilisce che tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, possano essere curati, in alternativa al datore di lavoro, dagli iscritti all'albo dei consulenti del lavoro, nonché dagli avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali.

Secondo l'Agi, la legge pone sullo stesso piano i consulenti iscritti al relativo albo e altri professionisti iscritti ad altri albi. Tuttavia alcune disposizioni di legge, e in modo specifico l'articolo 26, comma 4, del Dlgs 151/2015 in materia di dimissioni telematiche, stabilisce che gli unici professionisti che possono effettuare la trasmissione delle dimissioni stesse sono i consulenti del lavoro.

La questione della competenza sulle dimissioni telematiche è già stata sollevata in passato e il ministero del Lavoro ha preso posizione con l'interpello 24/2016, a favore dei consulenti: «gli obblighi sanciti dall'articolo 26 del Dlgs 151/2015 gravano principalmente sul lavoratore e non possono pertanto essere ricompresi nell'ambito degli adempimenti connessi alla gestione del rapporto di lavoro di esclusiva pertinenza del datore di lavoro, che possono essere pertanto assolti anche dagli altri soggetti di cui alla legge numero 12 del 1979».

I giuslavoristi, nel documento consegnato al ministro auspicano «un intervento che ristabilisca condizioni di eguaglianza formale e sostanziale nell'attività di consulenza del lavoro, tra tutti i professionisti legittimati dalla legge 12/1979 al relativo esercizio». E si rendono disponibili «per ogni supporto o contributi, inclusa la predisposizione di una bozza di articolato».

Da qui la reazione dei consulenti del lavoro, che nel comunicato sottolineano come per svolgere la loro professione sia necessario fare il praticantato e superare l'esame di Stato. «Altre scorciatoie non sono previste e il Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro, unico organo abilitato all'interlocuzione istituzionale in materia, vigilerà affinché non ne vengano surrettiziamente introdotte».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©